Articolo aggiornato al 27/04/2022
Introduzione alle best practice per le SGR
Quali sono le best practice per le società di gestione del risparmio? Per parlare di buone strategie di marketing delle società di gestione del risparmio, è bene iniziare dando qualche definizione, in modo tale che le successive considerazioni vengano lette alla luce di un contesto ben preciso.
Ovviamente, alcune best practice delle società di gestione del risparmio possono avere validità anche parlando di altre tipologie di intermediari finanziari. Allo stesso modo, determinate pratiche virtuose, adottate da altri soggetti, potranno essere applicate (con gli eventuali aggiustamenti del caso) anche alle società di gestione del risparmio, per via del loro ruolo e delle loro funzioni.
Proprio per queste considerazioni preliminari, è bene spendere qualche riga per spiegare cosa sono gli intermediari finanziari e, in particolare, le società di gestione del risparmio.
Società di gestione del risparmio: ruoli e funzioni
Le società di gestione del risparmio sono un tipo di intermediari finanziari che possono operare in Italia.
Gli intermediari finanziari, secondo la definizione che ne dà la Consob, sono quegli istituti che “collegano i soggetti con surplus finanziario – i cosiddetti centri di formazione del risparmio, tipicamente individui e famiglie – e unità di deficit finanziario (che intendono realizzare investimenti), tipicamente le imprese, favorendo la trasformazione del risparmio in investimenti produttivi”.
In altre parole, un intermediario finanziario è quel soggetto che sfrutta il naturale squilibrio finanziario, spostando le risorse da chi ha una spiccata tolleranza al rischio di perdita del capitale verso chi, invece, ha bisogno di accedere a finanziamenti a non breve scadenza. Tali unità di deficit sono principalmente le aziende e le Pubbliche Amministrazioni, che a vario titolo emettono degli strumenti finanziari che vengono acquistati proprio dagli intermediari finanziari.
Esistono tanti tipi diversi di intermediari finanziari, in base all’attività e ai servizi svolti o ai requisiti che richiesti dalla legge per essere riconosciuti come tali. Da questo punto di vista, le società di gestione del risparmio hanno una caratteristica molto particolare: sono gli unici intermediari finanziari (assieme alle SICAV e alle SICAF) che possono svolgere l’attività di gestione collettiva e individuale del risparmio.
Oltre a questo, le società di gestione del risparmio sono infatti autorizzate a svolgere tutta un’altra serie di attività, tra cui:
- prestare il servizio di gestione di portafogli;
- prestare il servizio di consulenza in materia di investimenti;
- prestare il servizio di ricezione e trasmissione di ordini, qualora autorizzate a prestare il servizio di gestione di Fondi di investimento alternativi (FIA).
Proprio per la delicatezza di tali funzioni, il TUF, ovvero il Testo Unico della Finanza, stabilisce che la Banca d’Italia autorizzi le società di gestione del risparmio solo se verifica la sussistenza di alcuni requisiti che attengono alla solidità patrimoniale della società, alla professionalità e all’onorabilità degli amministratori, dei sindaci, del direttore generale e degli azionisti.
Così facendo, si ha la sicurezza che la gestione del risparmio sia svolta da soggetti qualificati, vista e considerata la rilevanza economica e sociale del ruolo che viene attribuito alle società che svolgono attività come quelle elencate sopra e che, in genere, gestiscono le risorse economiche dei privati.
Per la stessa ragione di tutela dei consumatori, sono state individuate anche delle specifiche e stringenti regole di condotta. In particolare, secondo il Testo Unico della Finanza e il regolamento Consob n. 16190/2010, le società di gestione del risparmio devono:
- operare con diligenza, correttezza e trasparenza nell’interesse dei partecipanti ai fondi;
- organizzarsi in modo tale da ridurre al minimo il rischio di conflitti di interesse;
- adottare misure idonee a salvaguardare i diritti dei partecipanti ai fondi.
Tutto questo è comprensibile, a maggior ragione se si considera che il rapporto tra un intermediario finanziario e il privato, ma anche tra lo stesso intermediario e coloro che riceveranno i finanziamenti, si basa sulla fiducia.
I risparmiatori, infatti, hanno fiducia che la società di gestione sia capace di processare una grande quantità di informazioni, ordinandole e aggiornandole, in modo tale da sapere quali sono gli investimenti più fruttuosi e riescano ad individuare le unità di deficit finanziario che “meritano” di ricevere un sostegno economico.
Marketing finanziario: una strategia social
L’intuizione che le società di gestione del risparmio debbano stare sui social network o, perlomeno, integrare gli stessi all’interno di una strategia di marketing viene da lontano. A tal proposito abbiamo già parlato del digital marketing per le SGR e customer experience.
PwC ha svolto un’interessante ricerca relativa alla presenza sui social network delle società di servizi finanziari, rilevando come da parte delle stesse ci fosse una certa curiosità mista a timore. Sebbene, all’inizio, la percentuale di coloro che utilizzavano i social era piuttosto basso, col tempo una certa reazione all’evoluzione digitale c’è stata, anche se relativamente tiepida.
Il motivo è perché sulle scelte dei principali player di mercato pesa notevolmente il timore di esporsi troppo, ovvero di andare ad intaccare la propria brand equity, costruita con fatica negli anni passati.
Al contrario, i social non possono essere solo un “nice to have” da implementare in maniera poco strutturata perché questo potrebbe avere un impatto anche molto negativo sulla reputazione. Bisogna, invece, usare questi strumenti in modo molto consapevole e coerente, così da creare una comunicazione chiara e riconoscibile.
Questo significa, tra l’altro, smettere di ritenere i social network dei luoghi in cui i contenuti sono sempre approssimativi e non autorevoli. Basti pensare, infatti, che figure di primo piano (come il Papa o il Presidente degli Stati Uniti) utilizzano proprio i social per comunicare, così come moltissime istituzioni e pubbliche amministrazioni hanno attivo un profilo su una di queste piattaforme (o anche di più).
È ovvio, però, che non basta questo, la comunicazione digitale è molto di più. Occorre, pertanto, avere un team di persone dedicato che sappia sfruttare le specificità di ciascuno di questi canali. Sicuramente una pratica positiva da attuare per le società di gestione del risparmio è la differenziazione nell’uso dei canali.
Twitter, ad esempio, sebbene siano in netto calo i termini di utilizzo in Italia, può essere ancora molto utile per parlare direttamente con i vari organi di stampa e rilasciare immediate dichiarazioni su una vicenda che riguarda da vicino la società.
Linkedin è perfetto per fornire contenuti di vario tipo che si rivolgono ad una platea di esperti del settore. Si possono, infatti, condividere infografiche, video-case, whitepaper, o addirittura far scaricare e–book. Questi sono tutti modi, per raccogliere informazioni sulla propria base di utenti e, nello stesso tempo, lavorare sulla reputazione della propria società, che può diventare, nella migliore delle ipotesi, un punto di riferimento per tutti coloro che vogliono rimanere aggiornati su determinate tematiche.
Infine, Facebook e Instagram sono le piattaforme social ideali per diffondere contenuti B2C, più semplici ed immediati, che magari siano pensati per coinvolgere una platea più ampia, variegata e meno ferrata sui temi più tecnici.
In definitiva, dunque, quello che occorre capire è che non ci sono social network giusti o sbagliati, piuttosto la sfida vera è riuscire ad individuare il migliore, quello più adatto alle proprie esigenze e presidiarlo in modo efficace e riconoscibile.
L’educazione al risparmio
Un modo per farlo, che costituisce un’altra pratica positiva già anticipata sopra, è non restringere il campo di discussione al semplice risparmio.
Bisogna, in altre parole, abbandonare l’approccio autoreferenziale in cui uno parla a molti restano passivi. I mezzi di comunicazione digitale non sfruttano questa dinamica, non sono come la Tv o la radio, al contrario sono mezzi che costruiscono il loro successo in base ad un rapporto di molti a molti.
Occorre, per questo motivo, instaurare un dialogo continuo, in cui i clienti vengono ascoltati e si sentono liberi di condividere i loro bisogni e le loro necessità. Solamente così si può essere sicuri di catturarne l’attenzione che deve essere poi reindirizzata ai temi dei prodotti offerti e legati al risparmio.
Inoltre, sempre i social network rappresentano un mezzo perfetto per rendere consapevoli i risparmiatori rispetto ai temi finanziari, in modo tale da renderli più partecipi della gestione e dei processi di scelta dietro gli investimenti.
Chi l’ha già fatto e sta raccogliendo risultati interessanti è la società di gestione del risparmio AcomeA SGR S.p.A che attraverso un blog “Risparmiamocelo” affronta i temi della mala finanza e fornisce agli utenti dei contenuti utili per districarsi all’interno del settore del risparmio gestito in modo che gli stessi non si sentano in totale balia degli operatori.
Un altro esempio di pratica virtuosa è quella su cui sta lavorando Etica SGR: EticAdemy, ovvero un’accademia attraverso cui la società eroga formazione a consulenti e collocatori. Tale progetto prevede anche l’implementazione di una vera e propria piattaforma di e-learning del tutto integrata alla strategia di social media marketing. In questo modo la società ha utilizzato gli strumenti digitali sia per fornire un servizio agli utenti, sia per presentare i propri prodotti in modo originale e rilevante: che poi è proprio quello che ogni cliente si aspetta.
Best practice società di gestione del risparmio: content is the king
Una delle più importanti best practice società di gestione del risparmio è adottare una strategia di content marketing. Questa, infatti, rappresenta una leva rilevante per le SGR, ma in generale per tutti gli intermediari, per costruire un solido e duraturo rapporto di fiducia con i propri clienti. Tale approccio può avere diverse declinazioni, che possono tranquillamente coesistere.
Ad esempio, una è presidiare eventi e momenti rilevanti rispetto al territorio in cui ci si trova, come ha fatto Intesa Sanpaolo Private Banking, che nel contesto di manifestazioni artistiche e culturali ha organizzato una serie di serate ed eventi esclusivi volti a mettere in contatto clienti ed intermediari e a creare o rinsaldare un rapporto di fiducia.
O ancora, Copernico Sim organizza dei cosiddetti “aperitivi finanziari”, che sono dei micro-convegni, con un pubblico di 15-20 persone, dove vengono spiegati in maniera semplice alcuni strumenti finanziari, così che l’investitore possa essere informato dei vantaggi o delle novità normative.
Del resto, è questo che i privati si aspettano da un gestore del risparmio: prima di tutto qualcuno di cui fidarsi e a cui fare affidamento per muoversi in un settore molto tecnico.
La seconda declinazione, che ormai si sta consolidando come trend diffuso tra le società di gestione del risparmio, è quella di fornire contenuti rilevanti, diversificati in base al tipo di target e potenziati dall’uso specifico di certi canali digitali.
In questo senso è consigliabile utilizzare tutti gli strumenti messi a disposizione dalla trasformazione digitale, così da avere una ricca offerta di contenuti B2C di qualità e creare contestualmente una relazione più consapevole, nella definizione degli obiettivi, nella chiarezza delle scelte e nella comprensione condivisa dei rischi e delle opportunità.
Strumenti utili, in questo senso, sono un blog corporate, che serve a dare informazioni di valore, aggiuntive rispetto a quelle di prodotto, o una newsletter dedicata, per raggiungere i risparmiatori con contenuti davvero rilevanti e il più possibile targettizzati.
Ovviamente, l’ideale è quello di unire i due approcci e farli funzionare insieme. Così facendo, si può sfruttare un approccio multicanale, che permette di migliorare la customer experience dei risparmiatori e, nello stesso tempo, le performance di mercato delle SGR.
Per fare questo, però, occorre seguire un’ultima importante pratica virtuosa.
I dati
Come ha affermato McKinsey, i dati sono una grande risorsa per affrontare il cambiamento digitale anche quando si parla di risparmio gestito o di intermediazione finanziaria in generale.
La base del rapporto fiduciario di cui abbiamo dato conto all’inizio si basa proprio sulla quantità e qualità che le SGR hanno a loro disposizione e proprio attraverso i dati è possibile affrontare correttamente i rischi e realizzare una trasformazione che permetta agli intermediari finanziari di affrontare serenamente il futuro.
Per questo, tutto comincia e finisce con i dati, anche nel contesto di una strategia di content marketing, che può partire solo dopo un’attenta fase di analisi.
Del resto, sono gli stessi analisti a suggerire di investire sulla costruzione di due competenze strettamente legate: il marketing digitale e l’analisi dei dati, dal momento che, in futuro, più del 50% della redditività del settore dipenderà proprio dal marketing digitale e dall’analisi dei big data.
La scelta, a questo punto appare segnata e, a ben vedere, in questo caso, più che di trend del settore, si deve parlare di requisito di sopravvivenza, che deciderà chi riuscirà a rimanere competitivo all’interno del mercato e chi invece dovrà cedere il passo.