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Cos’è la GDO? Definizione, distinzioni e prospettive del principale comparto del retail

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Articolo aggiornato al 15/06/2022

Cos’è la GDO? Un’introduzione

Cos’è la GDO? La GDO, acronimo con cui si indica la grande distribuzione organizzata, è un segmento del settore retail particolarmente importante. La nascita e la diffusione dei player di questo settore, infatti, è sempre stata collegata al benessere economico di un Paese, rappresentando in assoluto il simbolo di una società capace di mantenere alti i consumi dei singoli e, dunque, reattiva la propria economia. Del resto, quando la situazione economica rallenta e la fiducia degli individui diminuisce per una qualsiasi ragione, è proprio la grande distribuzione organizzata – e l’intero settore retail – a mostrare le prime sofferenze, dal momento che solitamente in questi casi si riducono in modo sensibile i consumi.

Spesso si parla di GDO come di un’unica categoria, ma in realtà all’interno di questo settore sono tanti gli operatori con caratteristiche molto diverse. Tutti però hanno una cosa in comune: negli ultimi mesi hanno visto le vendite crescere, anche se l’e-commerce ancora una volta avanza.

 

 

L’importanza della GDO è dimostrata anche dal fatto che il suo arrivo in Italia, “storicamente” ha portato ad una modifica radicale di tutto il settore della distribuzione dei beni di consumo, mettendo all’angolo il modello basato sui negozi di prossimità, come è stato spesso sottolineato (fonte: quifinanza.it). Tra l’altro, la forza d’impatto di questo segmento non si limita soltanto all’aspetto economico. La nascita dei grandi magazzini, dei supermercati, degli ipermercati e dei famigerati centri commerciali ha avuto delle ripercussioni sociali e culturali. Talvolta in senso negativo: c’è chi considera questi luoghi dei veri e propri “non-luoghi”, indistinguibili e spersonalizzanti, che inaridiscono il tessuto cittadino in cui sono inseriti distruggendone la socialità. Altre volte in senso positivo: è la dicotomia “commercio/grande distribuzione” a segnare ed accompagnare l’avvento della cosiddetta “società dei consumi” in cui il consumatore può avere un contatto diretto con il mondo della produzione dei beni, escludendo dall’equazione il mediatore, ovvero il commerciante.

Grazie, infatti, al nuovo tipo di business che la GDO propone – fatta di prezzi fissi, pubblicità, grande varietà di beni a disponibilità immediata – i centri commerciali hanno dato la spinta definitiva al superamento delle società industriali, permettendo la nascita di un nuovo contesto in cui lo shopping costituisce un vero e proprio “elemento costitutivo del nuovo cittadino-consumatore”.

 

Cos’è la GDO? Una categoria, ma anche tante distinzioni

Da quanto detto sopra, l’importanza della GDO è evidente. Tuttavia, si è parlato di GDO come se questa rappresentasse una categoria definita ed unitaria. In realtà, non è esattamente così. Pur essendoci una definizione unica, all’interno di questa categoria operano tanti attori con caratteristiche e formule organizzative diverse. Andiamo, però, con ordine e partiamo dando una definizione di GDO. Quindi: cos’è la GDO?

La grande distribuzione organizzata è una tipologia di vendita al dettaglio di prodotti di largo consumo, realizzata tramite una serie di punti vendita gestiti a libero servizio, organizzati su grandi superfici e, generalmente, aderenti ad un’organizzazione o ad un gruppo che gestisce più punti vendita contrassegnati da una o più insegne commerciali comuni (la c.d. catena distributiva).

Da questa definizione, si possono ricavare alcune caratteristiche tipiche di ogni soggetto ricompreso nella categoria.

 

 

Cos’è la GDO e chi c’è dentro la grande distribuzione organizzata?

Se è vero, come detto sopra, che c’è fondamentalmente una certa unitarietà negli scopi perseguiti dai vari operatori compresi nella GDO, questo non deve distoglierci da un punto fondamentale, ovvero che “grande distribuzione organizzata” è una categoria ampia, variegata e composita. Basta, infatti, considerare alcuni aspetti gestionali per individuare già una macro-distinzione tra la grande distribuzione (indicata usando l’acronimo GD) e la distribuzione organizzata (acronimo DO).

Con il termine grande distribuzione si intende una struttura di retail decisamente centralizzata e con una proprietà unica che gestisce in modo diretto i diversi punti vendita, che tendenzialmente sono sparsi nel territorio con tante strutture di dimensioni variabili. In questo senso, un esempio tipico è il grande gruppo commerciale Auchan, il quale, tra l’altro, opera anche servendosi di insegne diverse (nel caso specifico Simply, Spaccio Alimentare, Primo Prezzo, ecc.).

Per converso, la distribuzione organizzata, che ha anche il nome di distribuzione associata, è più simile alla figura giuridica del consorzio e, infatti, è costituita su base volontaria da tanti singoli esercenti. Alcuni degli esempi di questa categoria sono Crai, Conad, o Sigma.

 

 

Quali sono le differenze tra le due categorie?

La prima differenza è proprio di organizzazione: nella grande distribuzione c’è solitamente una “casa madre” che gestisce le varie filiali sparse nel territorio in modo diretto, mentre la distribuzione organizzata prevede un modello aggregativo in cui i negozi minori si uniscono in gruppi d’acquisto per poter compare i prodotti a prezzi più vantaggiosi e garantire così ai fornitori ordini maggiori ostentando una maggiore solidità economica. In questo modo, si possono anche eliminare alcuni passaggi intermedi della catena distributiva – come, ad esempio, i grossisti – e, di conseguenza, acquistare direttamente dai produttori, ottenendo migliori margini di guadagno e proponendo prezzi più competitivi ai clienti.

Un’altra differenza è nella dimensione delle superfici occupate

Tendenzialmente, i player della distribuzione organizzata possono contare su spazi particolarmente ampio che spesso si trovano nelle aree periferiche delle città. Questo fa sì che si formino dei veri e propri centri suburbani in cui più operatori del settore operano contemporaneamente, spesso condividendo delle aree dove si concentrano le attività di gran parte della catena distributiva.

Al contrario, nella distribuzione organizzata, le superfici impiegate all’interno del business sono più contenute anche perché spesso le aree di vendita dei vari aderenti si trovano maggiormente integrate all’interno del tessuto cittadino. Questo è una chiara conseguenza dell’origine composita di tale organizzazione, che proprio per tale ragione tende ad assumere l’aspetto di una vera e propria rete di negozi.

Una categoria, quattro tipi di esercizi commerciali

Queste due sono le principali formule di mercato in cui si compone la grande distribuzione organizzata e sebbene possano sembrare opposte e concorrenti in realtà sono strettamente legate da rapporti organizzativi e commerciali vantaggiosi per entrambe. In ogni caso, la distinzione tra distribuzione organizzata e grande distribuzione non è l’unica distinzione che si può individuare nella GDO.

Esistono, infatti, almeno quattro tipologie di punti vendita al dettaglio (fonte: glossariomarketing.it), che si distinguono per diversi aspetti (tra cui, dimensione, ampiezza e profondità degli assortimenti, posizionamento di prezzo, caratteristiche espositive, disponibilità di parcheggi e altro ancora).

  1. Partiamo dal tipo più piccolo, ovvero il cosiddetto libero servizio, che è un punto vendita al dettaglio di prodotti alimentari, con pagamento all’uscita. Tra tutti, è certamente l’operatore della grande distribuzione organizzata che più assomiglia al tradizionale negozio di quartiere: si trova in aree cittadine anche centrali e offre una gamma di prodotti alimentari abbastanza ampia, ma in generale poco profonda.
  2. La seconda tipologia è il supermercato, che è un punto vendita al dettaglio generalmente di prodotti alimentari, organizzato prevalentemente a libero servizio. Solitamente dispone di una superficie di vendita superiore ai 400 metri quadrati entro cui vende per lo più prodotti di largo consumo, spesso preconfezionati, ma anche una parte di articoli non alimentari di uso domestico.
  3. Più grande del supermercato c’è l’ipermercato, che è un punto vendita con una superficie superiore ai 2.500 metri quadrati, a cui di solito si aggiunge un parcheggio riservato alla clientela. Esso ha un assortimento di prodotti decisamente più vasto, che ricomprende sia beni alimentari che non.
  4. Infine, la quarta tipologia è il discount. In questo caso, le dimensioni sono variabili poiché può occupare una superficie di vendita che varia dai 200 ai 1.000 metri quadrati. Non è così varia, invece, la gamma di prodotti offerti, che nella maggior parte dei casi esclude i prodotti freschi o quelli di marca, solitamente limitati a pochi brand ad alta rotazione o addirittura sostituiti con prodotti del discount stesso. Il punto forte di questo tipo di punti vendita è senza dubbio il prezzo, che è decisamente concorrenziale proprio grazie alla rapida rotazione degli stock di prodotti, all’impiego di attrezzature espositive semplici e alla disposizione di un servizio al cliente molto limitato.

Per completezza, a queste quattro categorie se ne deve aggiungere una quinta, a cui si faceva riferimento poco sopra, che è quella dei centri commerciali, costituita da delle aree solitamente suburbane, in cui si concentrano più unità di vendita commerciale non specializzata e di grandi dimensioni.

Un ulteriore criterio di distinzione che si può applicare al settore è legato alla tipologia di prodotti che vengono commercializzati.  Restando, infatti, all’interno dei punti vendita di dimensioni medio-grandi, spesso organizzati sotto un’unica insegna, si possono distinguere due categorie di grande distribuzione: la grande distribuzione organizzata  – appunto – e la grande distribuzione specializzata (fonte: workinstore.it).

Questo tipo di distribuzione ha la particolarità di essere specializzata in una sola categoria merceologica, come ad esempio l’elettronica, l’oggettistica per la casa o gli attrezzi per il fai da te.

Come si è visto, invece, nella grande distribuzione organizzata, la tipologia dei prodotti messi in vendita è molto varia, anche se tendenzialmente vengono preferiti alimentari e freschi o comunque tutti quei beni che hanno un ciclo di magazzino molto rapido.

La grande distribuzione organizzata in Italia

Ora che è stata fatta un po’ di chiarezza su cos’è la GDO e sulla conformazione di tale categoria, è legittimo domandarsi quale sia situazione della grande distribuzione organizzata in Italia.

Se si osservano i dati ci si rende conto che la GDO italiana sta attraversando un periodo abbastanza positivo. Le vendite del settore in Italia sono stimate in crescita dell’1,3% nel 2022, in ripresa dunque rispetto al leggero calo dello 0,1% registrato l’anno scorso successivo però al balzo del 5,7% realizzato nel 2020, l’anno dei lockdown. Questo trend positivo, a ben vedere, si inserisce in un contesto di crescita costante che si è realizzata nel precedente quadriennio, periodo nel quale, infatti, il fatturato aggregato è cresciuto – arrivando a raggiungere nel 2017 un giro di affari del valore di addirittura 83 miliardi di euro, che è il miglior risultato dal 2014.

La grande distribuzione organizzata post Covid-19

L’arrivo del coronavirus, infatti, ha portato ad un’impennata imprevista nei consumi dei beni alimentari di prima necessità. Le code fuori dai supermercati, la prospettiva di dover restare in casa per lungo tempo, l’incertezza sulla durata del lockdown: tutto questo ha avuto un riflesso notevole sulle vendite, che almeno nella prima fase hanno avuto un’impennata verso l’alto (ansa.it). Secondo alcune rilevazioni, infatti, il Nord Est ha mostrato gli incrementi più alti (+7,4%), seguito dal Sud (+5,2%), dal Nord Ovest (+3,5%) e infine dal Centro Italia (+1,8%).

Ma le statistiche più interessanti sono due:

Si può ipotizzare che un risultato del genere sia dovuto al fatto che le persone hanno preferito non uscire di casa in un momento così delicato, ma è innegabile che ciò riveli anche una tendenza ormai avviata da tempo, ovvero che il digital retail sta diventando un canale rilevante per comprare anche i prodotti di consumo alimentare e di uso più strettamente quotidiano.

A questo punto ci si può domandare: la pandemia ha rappresentato quel volano necessario all’e-commerce per mettere un piede nella spesa alimentare degli italiani? 

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