Digitalizzazione ed ecologia: ma la Digital Disruption è green? La più grande sfida del presente e del prossimo futuro è quella della sostenibilità. Per vincerla, uno degli alleati principali è il digitale. In questo articolo vediamo perché e come.
Lo diciamo con una certa prudenza: stiamo uscendo da un’emergenza epocale, quella di una pandemia che nessuno poteva realmente prevedere e forse nemmeno immaginare. Ne stiamo uscendo grazie alla responsabilità di tutti. Il sistema economico e amministrativo (ma non solo) è stato letteralmente salvato dal digitale, in queste settimane difficili. In questo articolo abbiamo visto come.
Di fronte, però, abbiamo un’altra enorme sfida, forse persino più grande di quella che ci stiamo lasciando alle spalle. Una sfida che, anche in questo caso, si vincerà o si perderà grazie alla responsabilità di tutti, e del sistema economico e produttivo in primis. Parliamo della Green Revolution e della lotta ai cambiamenti climatici che, oggi più che mai, non è più rimandabile. Anche in questo campo, il digitale sarà il nostro più prezioso alleato e, in fondo, lo è già.
In questo articolo vedremo perché e in quali modalità, partendo dal microscopico e arrivando fino al macroscopico, dai singoli documenti negli archivi, fino alle case, ai posti di lavoro, alle città intere. Prima, però, sgombriamo il campo da un grande equivoco: la sostenibilità non è nemica della crescita economica. Questo falsa credenza è figlia di una mentalità ormai superata. E oggi si può tranquillamente dire che, semmai, è vero il contrario. Sul rispetto per l’ambiente, sulla riduzione delle emissioni e sull’attenzione per la salute sono nati un numero enormi di nuovi business; ma non parliamo solo di start-up di successo. Anche le big company con un lungo passato alle spalle hanno ormai cambiato rotta, e quasi tutte hanno abbracciato il binomio Digital Disruption e Green Revolution.
Vi facciamo un esempio davvero significativo: Enel. Date un’occhiata alla ristrutturazione avvenuta alla sua brand image, a partire dalla trasformazione del logo stesso, per giungere poi alle operazioni di marketing mirate, fino alla creazione di interi dipartimenti (ma anche di società affiliate) tutte concentrate sulle energie rinnovabili. E lo stesso percorso è stato intrapreso da tantissimi big player, anche nei settori più rigidi e “tradizionali”.
Ma qual è la spinta alla base di questa trasformazione? È presto detto: sono i clienti stessi. Sono le persone che premiano sempre più le aziende responsabili e attente all’ecologia.
Global/Webindex, in un’indagine condotta alla fine del 2018, ha interrogato un larghissimo campione di persone dai 16 ai 64 anni, chiedendo loro se fossero disposti a spendere di più per dei prodotti eco-friendly; ecco le risposte suddivise per fasce di età:
- sì, per il 58% dei ragazzi dai 16 ai 21 anni (la cosiddetta “Generazione Z”);
- sì, per il 61% dei “millennial” (dai 22 ai 35 anni);
- sì, per il 55% delle persone dai 36 ai 54 anni (la “Generazione X”);
- la percentuale scende, ma non di molto, per i “Baby Boomer” (dai 55 ai 64 anni): il 46% di loro è disposto a pagare di più per un prodotto o un servizio green.
Ora, come promesso, scenderemo più nei dettagli e vi spiegheremo perché la Digital Disruption è green. Partiremo dalla dematerializzazione documentale; ci sposteremo poi sul tema dell’abitare (“smart home”); quindi su quello del lavoro (le “smart factory”, ma anche il “lavoro agile”); per concludere, infine, con qualche accenno sulla frontiera delle “città intelligenti”.
Basta carta! La digitalizzazione documentale
Iniziamo questa carrellata da un tema molto specifico, che ha, però, un impatto su tutti i tipi di Industry, ma anche sulle dinamiche della Pubblica Amministrazione: la digitalizzazione documentale.
Il primo impatto in termini di sostenibilità, naturalmente, è il risparmio di tonnellate di carta che spesso giacciono in archivi molto poco funzionali (con i relativi costi di mantenimento). Ma non è tutto: la digitalizzazione dei documenti ha dei vantaggi enormi in termini di risparmio economico, fruizione e condivisione in tempo reale, sicurezza.
Un documento digitale è una preziosa fonte di dati, che si possono raccogliere, processare, analizzare e interpretare in maniera automatica. Per dirla in altro modo: avere un archivio digitale è il primo modo per conoscere la propria platea di clienti e di utenti. E per costruire, sulla base di queste informazioni, delle operazioni di marketing e di Customer Care mirate. In questo ambito, la frontiera è quella della personalizzazione: dunque, trasformare i semplici dati in relazioni, con un ottica one-to-one ed è quello di cui si occupano aziende specializzate come Doxee.
Se ci spostiamo nell’ambito della Pubblica Amministrazione, invece, è più corretto parlare di “dematerializzazione”: un concetto che, in Italia, è stato introdotto nel 2005 con la promulgazione del CAD, Codice Amministrativo Digitale, e che deve seguire dei precisi requisiti di legge.
Al tema della digitalizzazione documentale e della dematerializzazione abbiamo dedicato un intero eBook, che potete scaricare gratuitamente qui.
Case green e digitali
Vivremo in case sempre più intelligenti e digitali e che, contemporaneamente, inquineranno sempre meno. Tutto questo sarà reso possibile dalla diffusione sempre più capillare dell’IoT (Internet of Things, ovvero la connettività applicata agli oggetti). Non stiamo parlando di un futuro prossimo. Tutt’altro. Le “smart home” sono già il presente. E siamo solo all’inizio di questa rivoluzione…
Ma di cosa parliamo nel concreto?
- Di “assistenti domestici”, basati su comandi vocali, sull’analisi dei dati e sull’intelligenza artificiale: pensate ad Alexa o a Google Home, dispositivi che diventano sempre più funzionali, efficienti e “personalizzati”.
- C’è poi tutto il versante della cosiddetta “domotica”; dunque sistemi digitalizzati per l’illuminazione, il riscaldamento, la climatizzazione, la sicurezza.
- Così come i “contatori smart” che molte compagnie dell’Utility Industry mettono oggi a disposizione.
Quello che è importante sottolineare è che non si tratta solo di comfort: c’è anche un fondamentale versante relativo alla riduzione dei consumi, da un lato e delle emissioni, dall’altro. Di nuovo, insomma, con il digitale si guadagna in efficienza, qualità della vita e sostenibilità, in un circolo virtuoso senza precedenti.
Smart Working e Smart Factory
Quello che abbiamo scritto sopra, relativamente alle “Smart Home”, può essere applicato – a maggior ragione e in scala aumentata – anche al mondo delle fabbriche. L’IoT, infatti, è il motore della cosiddetta Industry 4.0. Una “Quarta rivoluzione industriale” che si basa, appunto, sul digitale; e su alcuni pilastri: i dati, innanzitutto. Poi gli “analytics”, dunque la capacità di analizzare queste informazioni, con le opportunità offerte dall’Intelligenza Artificiale e del Machine Learning. Infine, il gigantesco versante dell’interazione uomo-macchina.
Non è questa la sede per sviscerare questi temi, ma quello che ci interessa sottolineare è che una “Smart Factory” è un’industria che ottimizza, in maniera continua, i propri processi produttivi. Dunque, di nuovo, tutto questo si traduce risparmi consistenti, riduzione degli sprechi, monitoraggio e abbattimento delle emissioni inquinanti.
Ma non è tutto, per quello che riguarda il mondo del lavoro. Il “lavoro agile”, se ben gestito, può portare molti vantaggi, anche in tempi “normali”; non da ultimo c’è la riduzione degli spostamenti degli impiegati. Di nuovo: meno traffico uguale più sostenibilità; e anche un miglioramento della qualità di vita dei singoli e della comunità.
Città più verdi e più digitali
Siamo partiti dalla digitalizzazione dei semplici documenti cartacei, poi abbiamo allargato il nostro sguardo alle case digitali. Dunque, al mondo del lavoro e a quello della fabbrica. È naturale, a questo punto, che il coronamento di questo nuovo mondo digitale (e sempre più green) vada ricercato nella dimensione delle città.
Ecco cosa si intende con “Smart City”: una città sempre più interconnessa, in cui le infrastrutture “dialogano” con il cittadino, e migliorano la qualità della sua vita. Una città più efficiente, a misura d’uomo, con un abbattimento significativo dell’inquinamento.
Gli esempi più citati sono quelli di Dubai, Amsterdam, Praga, in Italia Trento, ma la città apri-pista è stata certamente Barcellona, che ha messo in piedi una strategia mirata e specifica di trasformazione della città fin dall’inizio degli anni Duemila. In questo modo, la città catalana ha creato ben 47mila nuovi posti di lavoro. Inoltre, attraverso l’implementazione di sensori e di sistemi di IoT ha risparmiato 42,5 milioni solo per quel che riguarda il sistema idrico, reso molto più efficiente. L’illuminazione pubblica della città, oggi, è tutta basata sui LED: ma non si tratta solo di semplici lampioni; su di essi, infatti, sono montati dei sensori che raccolgono dati sull’inquinamento, sulle condizioni atmosferiche, sulla presenza e sul flusso di persone.
C’è poi tutto quello che riguarda la raccolta di rifiuti, la mobilità pubblica e privata, la generazione di energia da fonti rinnovabili.
“Una città auto-sufficiente, composta di vicinati produttivi e a misura d’uomo, all’interno di un’area metropolitana iper-connessa e a zero emissioni”: è questa la definizione che si legge nella “Barcelona Smart City Strategy” uscita nel 2013 (a riguardo si veda qui).
Ed ecco che il cerchio si chiude: il digitale migliora la qualità della vita dei singoli, ma anche delle intere città. Produce lavoro e ricchezza. E, contemporaneamente, ha un impatto profondamente positivo sull’ambiente. È questo il cambio di paradigma verso cui dobbiamo dirigerci!
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