Articolo aggiornato al 15/06/2022
Big Data nella GDO: un’introduzione
I Big Data nella GDO sono una notevole risorsa per rilanciare il business. Si va dalla personalizzazione delle offerte ad una gestione più efficiente dei punti vendita; tuttavia, per ottenere questi benefici c’è inevitabilmente qualche condizione da dover soddisfare.
I Big Data nella GDO sono indubbiamente un’incredibile risorsa per far evolvere e crescere un business come quello della grande distribuzione che, come abbiamo visto in un altro articolo di questo blog tende spesso ad avere un approccio anche troppo conservativo in molti campi, come ad esempio nel marketing.
Del resto, molto più che in passato, le grandi quantità di dati possono essere raccolte e riordinate al fine di darne una lettura utile e comprensibile.
I Big Data: cosa sono?
Sebbene da diverso tempo se ne parli e molti ne sottolineino l’importanza, dare una definizione dei Big Data non è cosa affatto scontata. Come spesso accade, infatti, con il passare del tempo l’espressione ha cominciato ad essere utilizzata di volta in volta connotata da un significato diverso.
“Big Data” può, ad esempio, indicare la grande velocità con cui vengono attualmente generati i dati, oppure la crescente capacità di software e aziende di immagazzinarli o ancora i sistemi sempre più raffinati per ordinarli ed interpretarli (fonte: ibmbigdatahub.com).
In sostanza, due sole parole per tanti significati. In definitiva, cosa si intende esattamente quando si parla di Big Data?
Molto probabilmente, la cosa migliore è fare riferimento ad una definizione che è stata data nel 2001 da Gartner, secondo cui i Big Data sono “risorse informative a elevato volume, velocità e varietà che richiedono forme di elaborazione delle informazioni economiche e innovative per potenziare la comprensione, la presa di decisioni e l’automazione dei processi” (fonte: gartner.com). A ben vedere, all’interno di questa definizione c’è riassunto l’approccio giusto, le migliori modalità e i benefici principali che la grande distribuzione organizzata dovrebbe avere quando si relaziona con i Big Data.
I Big Data nella GDO
In prima battuta, verrebbe da dire che nel contesto della grande distribuzione organizzata i Big Data sono tutte quelle informazioni che un grande magazzino, un centro commerciale o un qualunque altro player del settore può ricavare sui propri consumatori.
Le modalità di raccolta sono diverse e possono essere sia online che offline. Ad esempio, per quanto riguarda i metodi “analogici” si possono utilizzare dei questionari da far svolgere in loco, attraverso dei form cartacei o usando dei totem touch posti all’interno dello store. In alternativa, si possono usare i programmi fedeltà per raccogliere informazioni rilevanti circa i consumi e le preferenze del cliente.
Tuttavia, questi non sono gli unici Big Data che un operatore della grande distribuzione organizzata può sfruttare.
I Big Data migliorano la filiera
Nella GDO i Big data, infatti, possono arrivare anche da altre componenti del business, che sono ugualmente strategiche per renderlo sostenibile se non addirittura competitivo. Si pensi, ad esempio, al magazzino: è una fonte di Big Data enorme, la cui gestione efficiente è una condizione imprescindibile per migliorare le proprie prestazioni sul mercato e la Customer Experience del cliente.
Attraverso l’Internet Of Things è possibile monitorare l’entrata e l’uscita di merci e combinarla con gli andamenti tendenziali di vendita di determinati periodi. In questo modo, il player in questione potrà controllare meglio le proprie scorte e preparare la filiera così che sia pronta a far fronte a dei picchi di richiesta senza lasciare vuoti gli scaffali nei momenti meno opportuni.
In aggiunta a questo, i Big Data permettono anche di prendere delle decisioni strategiche che vanno al di là della gestione del singolo store. Se raccolte e sistemate adeguatamente, queste informazioni forniscono persino la possibilità di ipotizzare l’impatto economico che potrebbe avere l’apertura di un nuovo store su uno che è già esistente.
In sostanza, saper sfruttare le informazioni disponibili rendendole intellegibili permette di fare delle scelte lungimiranti per il proprio business.
I Big Data al servizio della Customer Experience
Bisogna essere chiari: sebbene quelli elencati sopra siano tutti modi molto validi con cui si possono impiegare i Big Data nella GDO, tale risorsa è fondamentale soprattutto per migliorare l’esperienza in store dei consumatori.
Questo beneficio è tutt’altro che trascurabile visto che la capacità di attrarre nuovi consumatori è un tema particolarmente attuale e delicato quando si parla di grande distribuzione organizzata in Italia e all’estero. Basti pensare, ad esempio, a cosa è accaduto negli anni scorso ai department store americani, che hanno assistito ad una drastica diminuzione del numero di clienti, con la conseguente chiusura di moltissimi negozi fisici e la cancellazione di oltre centomila posti di lavoro. Un fenomeno del genere ha coinvolto non solo player locali, ma anche soggetti di dimensioni globali che operano nel settore retail (ad esempio American Appareal o Abercrombie & Fitch) a dimostrazione che nessuno può sentirsi protetto o escluso da questa eventualità.
Alla base di questa “apocalisse”, che per ora ha risparmiato l’Italia, ci sono delle ragioni più profonde, che riguardano il cambiamento delle abitudini dei consumatori e le loro aspettative circa l’esperienza di acquisto che gli stessi vorrebbero avere in store (datamanager.it). Nuove abitudini che, peraltro, si sono diffuse ancora di più proprio durante la recente emergenza sanitaria da Covid-19. Uno degli effetti più sorprendenti e inaspettati della pandemia, infatti, è stata la riscoperta da parte di tutti gli italiani dei cosiddetti “negozi di quartiere”, non solo come punti di rifornimento più sicuri dove non trovare assembramenti in periodi di emergenza, ma soprattutto come luoghi dove ricominciare a comprare in modo costante (fortuneita.com).
Le ragioni di questo cambio comportamentale è legato a diversi fattori: si va dalla rinnovata percezione dell’importanza del tessuto cittadino in cui si è inseriti alla volontà di sostenere con i propri acquisti le piccole attività messe in difficoltà dal lockdown, ma ciò che davvero deve importare agli operatori della grande distribuzione organizzata è quali conseguenze avrà questo cambiamento.
Una è prevedibile, ovvero che sempre di più i consumatori cercheranno esperienze di acquisto meno di massa e più personalizzate, come quelle che si possono trovare nei piccoli negozi. A tal proposito, i Big Data possono diventare una notevole risorsa per tutti i principali player del settore per reagire adeguatamente a queste nuove tendenze.
Con i Big Data nella GDO la Customer Experience si fa personalizzata
I Big Data, infatti, permettono di sapere sempre di più della propria clientela e di reagire di conseguenza.
Ad esempio, se correttamente interpretati, dai Big Data si possono ricavare delle informazioni importanti circa alcuni “flussi di consumo” durante l’anno e in base a questi si può gestire la filiera ed organizzare la disposizione interna dei negozi fisici, in modo da rifornirli dei prodotti più richiesti mettendoli in punti strategici che richiamino l’attenzione dei consumatori. Ci si può spingere anche oltre, arricchendo e innovando uno strumento di marketing un po’ datato ma comunque molto amato da tutti gli operatori del retail, ovvero le campagne promozionali.
I Big Data, infatti, possono essere usati per proporre delle offerte iperpersonalizzate ai consumatori, in base a quelle che sono le preferenze e le abitudini degli stessi.
Una cosa del genere l’ha fatta Macy’s – che tra l’altro è uno dei brand interessati dalla “retail apocalipse” di cui si è parlato sopra – il quale si è aperto all’esperienza digitale, raggiungendo i consumatori con newsletter ed offerte accessibili solamente dalle piattaforme digitali. I risultati non hanno tardato ad arrivare: in poco tempo, infatti, il colosso americano ha fatto registrare un aumento delle vendite pari al 125% (fonte: gdonews.it).
Non solo: raccogliendo i feedback e le reazioni degli utenti, il colosso americano è riuscito a profilare in maniera esatta i propri consumatori e a rendere le offerte e le promozioni ancora più precise e perfettamente calibrate sul cliente, sia in termini di contenuto che di tempistiche.
Un video personalizzato per un’offerta personalizzata
Un risultato del genere, già di per sé notevole se si tiene conto del contesto in cui è stato realizzato, potrebbe essere accresciuto ulteriormente se assieme all’offerta si potesse personalizzare anche la comunicazione della stessa. Del resto, è noto che ogni utente viene quotidianamente raggiunto da una grandissima quantità di stimoli e solo pochi riescono ad attirare effettivamente la sua attenzione. Dunque, per rendere la promozione davvero efficace, bisognerebbe usare i Big Data per personalizzare la comunicazione delle offerte, in modo tale che il consumatore percepisca di essere al centro di un’esperienza di acquisto perfettamente ritagliata su di sé e sulle proprie necessità.
Un esempio di questa personalizzazione della comunicazione sono i Doxee Pvideo®, un innovativo prodotto sviluppato da Doxee. Di cosa si tratta esattamente?
I Doxee Pvideo® sono dei video, il cui contenuto però può essere personalizzato in base a al tipo di messaggio che si ha intenzione di veicolare e a seconda dell’utente che si vuole raggiungere. Il livello di personalizzazione del contenuto è molto alto, infatti, in ogni sua componente può essere “disegnata” in funzione dei dati del destinatario. Ad esempio è possibile inserire degli elementi di testo specifici che si integrano perfettamente con il contenuto del video; in aggiunta, si possono personalizzare anche le parti audio da utilizzare per rendere la fruizione del contenuto più immersiva ed interessante.
Nel contesto della grande distribuzione organizzata, questo strumento potrebbe essere impiegato in strategie di marketing particolarmente innovative, magari inserendolo all’interno di campagne di fidelizzazione o per arricchire il programma fedeltà clienti rendendo le comunicazioni più ingaggianti. Non è tutto: i video personalizzati di Doxee possono essere usati anche per far conoscere meglio agli utenti tutte quelle iniziative di brand equity che il retailer sta intraprendendo e che, abbiamo visto, sono particolarmente importanti dal punto di vista del marketing poiché rappresentano un valore aggiunto che spesso i consumatori ricercano nei vari brand.
Come lo si può fare? Attraverso la cosiddetta narrazione personalizzata, che è possibile all’interno di ogni Doxee Pvideo®. Grazie, infatti, alla Dynamic Storyboard, ogni utente che riceve il video può decidere come modificare il flusso narrativo del contenuto, a seconda delle risposte o delle scelte che fa nel corso della visione.
In altre parole, il video può essere manipolato direttamente dal destinatario, che sceglie quali parti vedere e quali invece saltare a seconda degli interessi e delle priorità dell’utente. Tra l’altro, tutto questo avviene direttamente all’interno del video, il che rappresenta un grande vantaggio dal momento che rende la navigazione più comoda ed intuitiva. In questo modo, un consumatore più attento alla sostenibilità ambientale verrà raggiunto da una comunicazione relativa alle iniziative green di quel determinato retailer e avrà poi la possibilità di scegliere in particolare quale di queste iniziative approfondire, ricevendo poi un’offerta speciale per l’acquisto di prodotti appartenenti ad una linea eco-friendly.
Lo stesso può avvenire anche per un altro consumatore che magari è interessato alla sostenibilità della filiera, a cui può essere data la possibilità, all’interno del video, di approfondire le fasi che preferisce e, in conclusione, accedere ad un’offerta per alcuni prodotti magari a chilometro zero da acquistare in store.
I Big Data migliorano anche la vita in store
Gli operatori si trovano ad avere uno strumento innovativo per attirare efficacemente i consumatori all’interno degli store fisici, soddisfacendo nello stesso tempo la richiesta sempre crescente di omnicanalità da parte dei consumatori stessi, la quale ormai è diventata una parte irrinunciabile di una moderna Customer Experience, che i Big Data possono contribuire a migliorare anche fisicamente presso i diversi store.
Da questo punto di vista, La Rinascente è un esempio perfetto. Ormai da tempo, infatti, i supervisori di area usano tablet e software specifici per monitorare la clientela ed intervenire tempestivamente quando ci sono delle criticità o delle necessità specifiche al piano (fonte: digital4.biz). In questo modo, l’esperienza di acquisto può essere modellata in tempo reale, in base al comportamento dei clienti in quel momento. Questo, ovviamente, richiede l’adozione di strumenti digitali particolare nonché una formazione specifica per la forza lavoro, che deve essere capace di gestire questo tipo di soluzioni integrandoli nelle mansioni di tutti giorni.
Ovviamente non è qualcosa che si possa ottenere dall’oggi al domani anche se mostra bene il risultato a cui bisognerebbe tendere, sebbene questo richieda maggiori risorse sia in termini di tempo che di denaro. Del resto, come l’esempio de La Rinascente dimostra, solo strategie capaci di guardare lontano sono capaci di portare lontano un business.