Il digital marketing del settore lusso è chiamato a capitalizzare la relazione con il consumatore, conservandone e potenziandone gli aspetti più emozionali e cercando di superare le contraddizioni che ancora oggi limitano l’esperienza di shopping digitale.
Nel contesto economico contemporaneo, la digitalizzazione diffusa sta influenzando e trasformando l’intera catena del valore dei brand del lusso, dal Customer Relationship Management alle esperienze in-store, all’impiego delle tecnologie di ultima generazione come la realtà virtuale e l’intelligenza artificiale. Gli strumenti digitali danno una funzionalità pratica al lusso senza metterne a rischio eccezionalità ed esclusività e sebbene siano ancora usati principalmente per semplificare le procedure di acquisto, hanno un potenziale enorme per la creazione di esperienze emozionali, efficienti, multicanale.
Il lusso è un fenomeno storico, economico, culturale dalle profonde implicazioni psicologiche; ed è, soprattutto, intrinsecamente, relazionale.
Importanza della relazione brand-consumatore
Quando si parla di digital marketing del settore lusso esiste una evidenza che potrebbe forse sembrare controintuitiva ma che invece deve essere riconosciuta e tenuta ben presente: la relazione tra luxury brand e consumatore è ancora più vitale, distintiva e vincolante rispetto a quella che si crea con i consumatori in altri settori.
La tendenza alla personalizzazione è da sempre parte costitutiva dell’universo del digital marketing nel settore lusso: il rapporto costruito con il brand ha infatti una profonda dimensione emotiva, basata sulla conoscenza reciproca e sulla fiducia. Sia nel suo aspetto più pubblico (il lusso è diretta testimonianza della stratificazione sociale) sia nel suo aspetto più privato e personale (che riguarda motivazioni intime quali, per esempio, la soddisfazione di un desiderio di bellezza o di emulazione) il lusso implica dunque – al di là di facili e spesso moraleggianti luoghi comuni – una forte dimensione umana e relazionale.
L’affermazione delle tecnologie digitali ha sicuramente impresso un cambiamento radicale nel percorso del cliente, una volta sostanzialmente lineare: oggi i consumatori entrano inevitabilmente in contatto con uno o più touchpoint digitali nel corso del loro customer journey e si aspettano che attraverso tutti questi diversi punti di contatto la relazione con il brand si mantenga continua e coerente. Nel caso del lusso il cambiamento è stato da subito continuamente rinegoziato, in modo da rispettare e valorizzare le caratteristiche precipue di questa relazione (calore, ascolto, vicinanza).
Secondo McKinsey, i clienti del lusso hanno abbracciato con entusiasmo lo stile di vita digitale (e non si tratta solo di millennial) tanto che quasi l’80% delle vendite sarebbe oggi influenzato digitalmente. Il lusso digitale è sempre più un’economia pienamente C2C con il consumatore stabilmente al centro del percorso di acquisto. Da questa posizione di assoluta preminenza sta guadagnando nuova autorevolezza e nuova capacità decisionale, sfruttando in modo creativo le possibilità di sempre maggiore partecipazione offerte dai social. Il consumatore del lusso contribuisce così attivamente a ridefinire i contenuti veicolati dal brand.
Lusso e digital marketing: alcune contraddizioni (insanabili?)
Comunicare, promuovere e vendere attraverso il web o attraverso i social media è dunque diventato un imperativo per tutti, anche per i marchi del lusso, che per loro natura e per le caratteristiche della loro offerta (e della domanda che creano), presentano una generale ritrosia nell’attuare le stesse strategie di marketing adottate negli altri settori e sono portati invece a sviluppare azioni specifiche, alternative e differenzianti.
Secondo Jean-Noel Kapferer e Vincent Bastien (The Luxury Strategy: Break the Rules of Marketing to Build Luxury Brands, 2012) vendere un prodotto di lusso su internet sarebbe estremamente pericoloso perché finirebbe per ridurre il “valore da sogno” del marchio aumentandone la penetrazione troppo velocemente e dando facile accesso ad un numero incontrollato di lead non qualificate.
L’osservazione è teoricamente condivisibile: quella del lusso non è una strategia di volume ma una strategia di mark-up e questo mark-up è una misura del valore aggiunto percepito (e riconosciuto) dal consumatore, un valore dovuto all’esclusività dell’esperienza. Le contraddizioni tra il mondo digitale e quello del lusso sono molte, alcune apparentemente insanabili.
Kapferer e Bastien (2012) hanno provato a fare un elenco:
- il digitale è rumoroso, affollato e appariscente; il lusso è tranquillo ed elegante;
- il digitale è immediato, disponibile, accessibile, facile (vicino in questo senso al sistema di valori della moda); il lusso riguarda l’atemporalità, la cultura, il patrimonio, la competenza e la perizia della manifattura;
- il digitale è trasparente ed esplicito; il lusso è implicito;
- il digitale riguarda il crowdsourcing, inteso nella sua più vasta accezione di raccolta di idee, suggerimenti, opinioni; il lusso ha a che fare con la creazione solitaria a partire dall’intuizione geniale del singolo (questo, almeno, pare essere ancora oggi il mito fondante della maggior parte dei luxury brand);
- il digitale riguarda il prezzo: buoni affari e sconti; il lusso non contempla la variabile prezzo: niente corsa alle vendite, niente sconti.
Forzare i limiti del digitale: personalizzazione e multisensorialità
In particolare, secondo gli autori, sono due i fronti su cui le esigenze dei brand del lusso si scontrerebbero con le insufficienti potenzialità delle tecnologie digitali.
- Se il lusso pretende rapporti rigorosamente uno-a-uno, nell’universo anonimo del web la relazione personale necessaria alla transazione sarebbe destinata a scomparire rapidamente, annullata dal ricorso all’automatizzazione dei processi;
- il mondo di internet, virtuale e immateriale, non riuscirebbe a supportare le strategie del lusso, che sono pensate per il mondo reale e realizzate attraverso l’immersione in un universo sensoriale ad oggi inaccessibile al digitale. Semplicemente, l’online, sensualmente riduttivo, non sarebbe abbastanza esperienziale rispetto alle interazioni olistiche offerte dal lusso.
I segni di una evoluzione sono in realtà inequivocabili su entrambe le questioni: da un punto di vista sia tecnologico sia culturale, la strada imboccata sembra essere quella di una progressiva personalizzazione e di una sempre maggiore multisensorialità. Nel primo caso lo sviluppo di e-commerce ed app desktop e mobile ottimizzate rispetto una UX avanzata e la diffusione dei social network consentono oggi un dialogo bidirezionale, polifonico e polisemico. Nel secondo caso i progressi della realtà aumentata e la messa a punto di device sempre più ergonomici hanno permesso di ampliare e arricchire l’esperienza del luxury shopping, per lo meno per quanto riguarda i sensi della vista e dell’udito.
Dal lusso come prodotto al lusso come esperienza nell’era digitale: la digital luxury experience
Un passaggio fondamentale ha contraddistinto gli ultimi decenni del marketing del settore lusso e si è ulteriormente intensificato con la diffusione di massa delle digitalizzazione e il conseguente affermarsi del digital luxury marketing. Nel caso dei brand di lusso, in misura diversa e ulteriore rispetto ai brand di altri comparti, questo passaggio è consistito in un deciso slittamento dell’attenzione e degli investimenti dal “bene” all’esperienza del consumatore e in particolare alla sua esperienza digitale. Che cosa è, nel dettaglio, la digital luxury experience? Proviamo ad approfondire.
Wided Batat, nel suo recente Digital Luxury: Transforming Brands and Consumer Experiences (2019) afferma che le strategie di marketing che intendono costruire una esperienza digitale del lusso (digital luxury experience) centrata e soddisfacente, devono tenere necessariamente conto delle “esigenze esperienziali intangibili e soggettive dei clienti, inclusi i bisogni emotivi, relazionali, simbolici” e delle loro aspettative in termini di sistemi di valori.
La digital luxury experience interpreta infatti la relazione brand-consumatore dal punto di vista di quest’ultimo, e tiene conto dei cambiamenti che questa relazione attraversa durante tutte le fasi dell’acquisto sia online sia offline. Pertanto, “l’esperienza digitale del lusso comprende fattori umani e tecnologici, che sono direttamente o indirettamente legati al consumatore e al modo in cui vive e definisce questa stessa esperienza”.
La trasformazione digitale nel lusso: una rivoluzione esperienziale
Nel concetto di “digital luxury experience” precipitano considerazioni più generali che riguardano il concetto stesso di lusso (per un approfondimento rimandiamo a due nostri articoli in cui abbiamo affrontato sia la dimensione storica e i significati incorporati nel lusso sia i principali e più recenti approcci del luxury marketing). Qui ci basti ricordare che il lusso combina sotto un’unica definizione, mai definitiva, significati simbolici, psicologie individuali, immaginario collettivo, condizioni economiche e culturali che impattano direttamente e indirettamente sulle modalità del consumo. In questo senso il lusso è, prima di tutto, un tipo specifico di esperienza: desiderabile, fuori dall’ordinario, slegata dalla necessità.
L’esperienza del lusso digitale è strettamente collegata alla qualità dei servizi (assistenza logistica, customer care, eventuale formazione per l’utilizzo del prodotto, …) che rappresentano una componente fondamentale dell’offerta del brand prima durante e dopo la vendita.
L’obiettivo principale del marchio di lusso è guidare e assistere il cliente lungo tutto il processo di acquisto, online e in store. Questa sorta di rivoluzione esperienziale customer-centric può essere realizzata completando alcune azioni preliminari in cui le tecnologie digitali giocano, fin dall’inizio, un ruolo fondamentale.
- Raccogliere dati sul comportamento e le aspettative del consumatore sia nello spazio digitale sia all’interno dei luoghi fisici;
- impostare la strategia digitale globale dell’azienda sulla base dei profili ottenuti;
- scegliere i canali e i format che meglio si prestano ed essere utilizzati per raggiungere gli obiettivi prefissati.
La trasformazione digitale non dovrebbe semplicemente essere condotta replicando sui touchpoint virtuali l’esperienza del cliente così come è stata progettata e realizzata negli ambienti fisici. L’adattamento della customer experience a un contesto digitale non avviene mai applicando una lista di istruzioni sempre uguali. A maggior ragione, la costruzione della luxury customer experience non può essere un processo banale e semplificatorio. Si tratta invece di un percorso complesso che prende avvio dalla formulazione di una serie di dubbi, per esempio: quali sono i singoli obiettivi specifici per ogni canale? Qual è il design che meglio supporta i funnel che conducono a questi obiettivi? Quale deve essere il valore percepito dal cliente? Come realizzare una traduzione rispettosa delle dimensioni sensoriali del prodotto? Di quale potenziale tecnologico abbiamo bisogno per creare un vissuto digitale legato al brand, che sia unico e memorabile?
La case history Hublot: boutique virtuali e preordini da WeChat
I consumatori hanno oggi competenze digitali che permettono loro di muoversi con disinvoltura tra diversi supporti, piattaforme, canali, formati sfruttando le funzionalità che consentono accesso e comunicazioni immediate. Quello che i luxury consumer si aspettano però è qualcosa di più: le loro esperienze di shopping non solo devono essere rapide (per non dire in real-time) ma anche qualitativamente ineccepibili, personalizzate, emozionanti, coerenti con il mondo offline del brand. Un esempio di “traduzione” dal fisico al digitale perfettamente riuscita lo troviamo nella boutique virtuale inaugurata da Hublot nel 2018.
Hublot (storico brand svizzero di orologi di proprietà di LVMH) instaura con il suo cliente una relazione caratterizzata da alcuni valori distintivi: fiducia, disponibilità e flessibilità. Per riuscire a tradurre questi valori dal mondo fisico (store con personale qualificato e altissimi standard di servizio) al mondo digitale, nel 2018 Hublot progetta e realizza una boutique “virtuale” che consente l’accesso da remoto ai prodotti (visualizzabili in 3D) e a tutte le specifiche tecniche ad essi relative.
La piattaforma consente di comunicare in tempo reale con i responsabili delle vendite di Hublot senza dover mai entrare fisicamente nella boutique: basta una chiamata su FaceTime o Skype e il cliente può fissare un appuntamento. Tutte le informazioni di cui ha bisogno sono veicolate attraverso oggetti multimediali di diverso tipo: dai video che mostrano tutte le meraviglie degli ingranaggi in funzione, alle schede di prodotto con descrizioni puntuali e dettagliate.
L’esperienza digitale pensata da Hublot per il suo target è diventata ancora più ricca dal 13 aprile scorso, quando ha attivato un servizio su misura attraverso il quale è possibile ordinare l’orologio desiderato direttamente da WeChat, prima che sia disponibile sul mercato.
I clienti che acquistano con questa modalità usufruiscono di ulteriori vantaggi esclusivi, quali la possibilità di consultare le info tecniche sull’orologio, richiedere servizi di consegna gratuiti, ricevere garanzie estese, chattare online con i tecnici o i team di vendita e partecipare a eventi offline. L’iniziativa testimonia, una volta di più, l’importanza per i brand di saper adattare le proprie strategie al mondo dell’on line, in linea con la tendenza crescente alla digitalizzazione del lusso.
Il successo di Hublot sta nell’aver riprodotto in forma originale e su misura il servizio clienti preciso, rapido, accurato tipico dei suoi negozi, preservando allo stesso tempo l’elemento della connessione umana che sta alla base del rapporto con il consumatore.