Quali sono i trend del digital marketing nella food industry? Parlare del settore food significa entrare nelle dinamiche di un’industria mastodontica e ramificata, che va dai grandi brand alle catene di ristoranti, dalla filiera dei produttori e dei distributori fino al piccolo locale di tendenza; un’industria che si occupa di beni essenziali, per tutti.

Questo però è solo il primo livello e se si scende più in profondità, c’è poi tutto quello che ruota intorno a questi “beni” e – quindi – dall’aspetto più “materiale” e concreto si passa a quelli più “astratti”, che hanno a che fare più con versanti esperienziali, che riguardano, insomma, più il piacere che la necessità. Basta guardarsi intorno, basta guardare dentro gli schermi dei propri smartphone e tra i post dei nostri amici su Facebook o – ancor di più – su Instragram per renderci conto di un fatto: il Food and Beverage spopola, in tutte le sue forme, nel mondo digitale.

Volete qualche dato a supporto? Ve ne diamo uno su tutti, molto eloquente: in un recente sondaggio, commissionato da Instagram stesso ad Accenture, è risultato che il Food & Beverage è l’argomento di maggior interesse per gli utenti (nel caso in esame, il campione era costituito da utenti britannici – fonte).

Per dirla in breve: la Digital Transformation ha rivoluzionato il settore, interamente, in tutti i suoi complessi comparti e in tutta la sua filiera ed il cambiamento è stato dirompente. Abbiamo già citato i social network, ma pensate poi ai portali dedicati alle recensioni (come TripAdvisor), a quelli specializzati nell’ambito delle prenotazioni online e via app, oppure ai servizi di delivery. Per non parlare, a monte, di come il digitale ha impattato nei meccanismi stessi di produzione e distribuzione.

 

5 trend del digital marketing nel settore food

In questo post vogliamo mettere a fuoco i trend principali che muoveranno il marketing all’interno di questo comparto. Per maggior chiarezza, abbiamo deciso di raggruppare queste tendenze in cinque punti chiave.

 

1. Nuove parole chiave: sostenibilità e salute

Da diversi anni a questa parte, le parole chiave associate al cibo sono cambiate. È cambiato, insomma, il sentiment dell’opinione pubblica e, di conseguenza, sono cambiate le strategie di tutti i brand sia sul fronte della produzione e, com’è naturale, sia su quello del marketing.

In mezzo a quello che è un panorama molto mosso e variabile, due tendenze ci sembrano comunque molto solide e in continua espansione.

Innanzitutto, una nuova attenzione al tema della sostenibilità ambientale; non si tratta più di una coscienza di nicchia, ma di qualcosa che diventa, man mano, sempre più mainstream, soprattutto tra le fasce più giovani della popolazione. Si tratta, in questo caso, non solo dei cibi e delle bevande stesse, ma anche del packaging. Gli esempi che si possono portare sono moltissimi. Tra tutti, però, si pensi alle decine di aziende di primo piano, che fanno parte della Ellen MacArthur Foundation, che si sono impegnate a togliere la plastica dai propri prodotti, sostituendola con materiali biosostenibili.

“L’obiettivo della sostenibilità è estremamente concreto e oggi entra con forza anche nel packaging, un aspetto su cui le aziende stanno ragionando con sempre più interesse”. Ha dichiarato Nicola Neri, CEO di Ipsos. “Ciò è strettamente legato all’aumentata sensibilità dei consumatori su inquinamento e scarti, e il tema sta entrando sempre più nelle scelte che le imprese – giocoforza – devono prendere”.

A tutto questo, per certi versi, si lega poi l’altra parola chiave in forte ascesa: la salute. Dunque, cibi e bevande sani (o percepiti come tali), che abbiano un impatto positivo sulla qualità della vita dei singoli. Con attenzione, inoltre, al mondo del biologico, delle intolleranze alimentari, del chilometro zero, ma anche del fitness.

Anche in questo caso, siamo circondati di esempi. Vi basterà pensare al cambio delle identità di alcuni brand, alle regolamentazioni statali, agli stessi spot televisivi o alle tendenze che corrono sui social, spontaneamente, o attraverso la spinta decisiva di influencer e micro-influencer (e su questo punto torneremo a breve).

 

2. Il SEO è imprescindibile

Il SEO (Search Engine Optimization) è l’insieme di strategie e pratiche per ottimizzare il posizionamento nei risultati organici di un sito web sui motori di ricerca.

Comprendere perché il SEO è e sarà sempre più fondamentale nel digital marketing del settore Food and Beverage è piuttosto intuitivo: in quasi nessun comparto produttivo si registra una competizione così affollata e apparire tra i primi risultati di Google, in questo senso, aiuta moltissimo.

A dirla tutta: per alcune tipologie di prodotti e servizi, non essere ben visibile su Google equivale a non essere visibile, quasi a non esistere, in generale, per i consumatori e questo, per la Food Industry, vale sia sul fronte delle aziende produttrici, che su quello degli store e ristoranti. Non a caso, secondo Finances Online, curare l’aspetto SEO è la miglior strategia di marketing, dal momento che ben il 56% del traffico sui siti del comparto Food deriva da ricerche organiche.

 

3. I social network al centro

Che il Food sia “il re dei social” non è nemmeno da dimostrare, basta l’esperienza comune di tutti noi. Però qualche dato può essere comunque utile, per capire la portata di questo fatto.

Ripartiamo da quanto scrivevamo sopra: secondo un sondaggio commissionato da Instagram stesso ad Accenture: il Food & Beverage è l’argomento di maggior interesse per gli utenti del social network. E quali sono le dimensioni di questo universo dei social?

Nel 2019, gli utenti attivi sui social network in tutto il mondo sono stati 3,48 miliardi: con un aumento su base annua del 9%. Più nello specifico: ben 3,26 miliardi accedono ai social da dispositivi mobili: con aumento su base annua del 10%. Dunque, segniamoci quest’altra consapevolezza: le strategie digitali devono essere sempre più mobile-first.

Infine, qual è il social che registra la crescita più imponente? Senza dubbio Instagram, un ecosistema che basa tutto sulle immagini e sui video, il tipo di media che risulta nettamente più efficace per lo storytelling nell’ambito della Food Industry (per tutti questi dati si veda qui). A proposito di storytelling sui social: il vero “sacro Gral” sono gli UGC, User Generated Content, i contenuti generati “spontaneamente” dagli utenti. Sono proprio questi che ispirano la fiducia maggiore nel pubblico: sono percepiti come più sinceri, autentici, disinteressati.

Secondo uno studio dell’Harvard Business Review, il 70% degli user preferisce i contenuti “autentici”, appunto (ma anche “informativi”) alla tradizionale pubblicità proveniente direttamente dai brand ed è in questo solco che s’innesta l’importanza dei cosiddetti “influencer”. Il nuovo trend? Spostarsi sempre più verso i micro-influencer, per andare a intercettare i loro pubblici molto specifici e, di nuovo, “autentici”.

 

4. Targetizzazione e personalizzazione

Nel punto precedente, abbiamo iniziato ad affrontare l’importanza e la centralità che il digitale affida ai singoli e per i brand – grandi e piccoli – è fondamentale riuscire a capire da quali persone è composto il proprio pubblico, il proprio target: chi sono, dove vivono, quali sono i loro comportamenti, le loro preferenze, e i loro desideri (anche potenziali). Tutto questo, con il digitale, è sempre più possibile, anche per platee sterminate. Come? Grazie all’analisi dei dati e, di conseguenza, alle dinamiche del marketing data-driven.

Pensate all’analisi del “sentiment”, che permette ai produttori di intravedere i diversi trend ancor prima che saltino prepotentemente alla ribalta, con tutti gli enormi possibili vantaggi competitivi. Oppure, sul fronte della ristorazione, all’opportunità di consigliare ristoranti a singoli utenti sulla base di precedenti ricerche, di dati di geolocalizzazione, delle preferenze espresse sui più diversi canali. O provate a pensare alle opportunità di fidelizzazione e di aumento del tasso di loyalty (che a sua volta, naturalmente, fa impennare anche la “reputation” e l’immagine di un brand, di una catena di ristoranti, di un servizio di delivery, o anche di un singolo locale).

Insomma, una corretta e funzionale analisi dei Big Data porta a conoscere meglio il proprio pubblico, quello potenziale e quello reale. A predirne e influenzarne i possibili comportamenti.

Il primo step, di conseguenza, è quello di suddividere il target in porzioni, in segmenti sempre più specifici, e dalle caratteristiche allineate e coerenti, ma non è tutto: la frontiera è la personalizzazione, quindi spingersi fino alla singola persona, a un dialogo che sia realmente one-to-one, interattivo e su misura. Non è fantascienza, ma è quello di cui si occupano aziende come Doxee, specializzate nel digital marketing personalizzato, appunto.

 

5. Un futuro non così lontano: Voice Technology, Virtual Reality, Augmented Reality

 Scrivevamo sopra di frontiere che sembrano fantascienza, ma sono già realtà. Ecco, se ci spingiamo un po’ più lontano (ma non troppo) nel futuro, i trend di più grande avanguardia che si scorgono sono tre.

In primis le tecnologie di tipo vocali: come quelli di Siri, Google Assistant e Alexa. Per darvi un esempio eloquente: McDonald’s ha annunciato recentemente l’acquisizione di una start-up specializzata in voice technology per gli ordini drive-through.

Il secondo elemento è quella della Realtà Virtuale (Virtual Reality); e il terzo, simile a questo, è quello della Realtà Aumentata (Augmented Reality). Le applicazioni di queste due tecnologie saranno enormi, in tutti i settori, ma a maggior ragione in questo comparto: pensate alle possibilità inedite di storytelling, a partire dal packaging stesso (se parliamo di cibi e bevande), di Customer Service per gli store e i ristoranti e – in ultima analisi – di ampliamento dell’esperienza stessa del consumatore.

Come dicevamo all’inizio, infatti, quello che conta per la Food Industry è spesso quello che ruota intorno a cibo e bevande, è l’universo che il cibo e le bevande creano intorno a sé.

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