Articolo aggiornato al 07/07/2022
Settore intrattenimento: un’introduzione
Il settore intrattenimento è composto da diversi segmenti ognuno dei quali ha reagito in maniera diversa alla trasformazione digitale: alcuni approfittandone, altri facendo registrare risultati non particolarmente positivi. Una cosa è certa, nessuno di questi ambiti, dopo questa rivoluzione, sarà più quello di prima.
Il settore intrattenimento è un settore molto variegato. Esso ricomprende, infatti, un gran numero di segmenti diversi (libri, radio, televisione, etc.) che hanno delle caratteristiche molto precise e diversificate.
Questo significa, ovviamente, che ciò che accade all’interno di uno di questi ambiti non è detto che si rifletta parallelamente anche in settori comunicanti, così come è praticamente certo che tali comparti non reagiscano allo stesso modo quando sopraggiungono delle particolari trasformazioni. È esattamente quanto è accaduto con la trasformazione digitale.
Se in altri settori – finance, food, banking – l’avvento della digitalizzazione ha portato cambiamenti notevoli, ma dopotutto omogenei, anche se con delle differenze da player a player in base alle loro caratteristiche e alla loro capacità di adattarsi all’innovazione, per quanto riguarda media e intrattenimento occorre fare un discorso a parte o meglio, bisogna farne diversi: uno per ogni segmento che lo compone. Solo così, infatti, è possibile avere un’idea più completa ed organica di come si sta trasformando l’intero comparto.
Radio: senti chi rinasce
Iniziamo la rassegna di trasformazioni con uno dei media tradizionali più longevi, ovvero la radio.
Nonostante l’età, la radio continua ad essere un media piuttosto rilevante, non tanto per il numero di persone che permette di raggiungere, su cui peraltro è molto difficile essere sicuri, quanto perché è un settore che ha mostrato una certa flessibilità.
La trasformazione digitale, infatti, sembra aver intaccato limitatamente il settore intrattenimento, almeno secondo quanto riportato dai dati relativi agli ascolti diffusi da Ter-Tavolo Editori Radio sull’audience delle radio nazionali e locali, che sembrano generalmente crescere rispetto al 2018 salvo alcuni casi limitati (come RDS, Radio Italia, RTL 102.5, Rai Radio 1 e poche altre).
Al netto delle statistiche, il comparto radiofonico è interessante da osservare perché ha fatto registrare delle notevoli trasformazioni, dal momento che, forse più di altri settori, si è dimostrato ricettivo ai cambiamenti.
Una di queste è senza dubbio la nascita del fenomeno delle web radio. Tutte le principali emittenti radiofoniche, infatti, si sono dotate di una piattaforma digitale in cui è possibile seguire in diretta o in differita tutti i programmi del palinsesto oltre a fruire di contenuti specifici relativi alle varie trasmissioni (ascoltareradio.com). Questo ha permesso alle diverse radio di aumentare la propria audience, dando la possibilità a molte più persone di usufruire dei contenuti anche servendosi di device diversi rispetto alla radio in FM.
Uno degli effetti principali della trasformazione digitale è stato, infatti, proprio questo: quello di “far uscire la radio dalla radio”, rendendo possibile l’ascolto anche su altri dispositivi, non pensati inizialmente per svolgere questo tipo di funzione, come lo smartphone, i personal computer o anche i tablet.
Un altro trend imposto dalla trasformazione digitale al settore delle radio è quello dei podcast, ovvero file audio dai contenuti più diversi, ascoltabili su ogni tipo di supporto, che in questi ultimi anni stanno avendo un certo successo e che stanno riuscendo a rendere la radio ancora più pervasiva. I podcast, infatti, per loro stessa natura, sono un contenuto complementare alla radio che ne arricchisce l’ascolto da parte degli stessi utenti, che possono scegliere tra una fruizione lineare o on demand.
Non solo: i podcast hanno rivoluzionato la radio e la fruizione radiofonica anche perché permettono agli ascoltatori di “personalizzare” l’ascolto, rendendoli assolutamente liberi di scegliere cosa ascoltare, quando e in che modo. Questo è stato reso possibile anche dal fatto che si sono diffuse delle piattaforme e delle applicazioni dedicate che ne raccolgono a centinaia, in cui gli utenti possono navigare e scaricare i podcast che più gli interessano.
Tutti questi aspetti hanno decretato una certa popolarità di questo tipo di contenuti che, di fatto, sono diventati sempre più rilevanti per tutti coloro che operano nel settore radiofonico. Lo dimostra il fatto che gli editori, i concessionari e gli inserzionisti italiani (ma non solo) si stanno dotando di una propria digital audio strategy, in modo tale da sfruttare tutte le opportunità che si aprono dinnanzi a loro.
Il Digital Audio, nome che si usa per riferirsi appunto a questo nuovo comparto di contenuti Media e Intrattenimento, è infatti diventato una fonte notevole di ricavi economici aggiuntivi rispetto al tradizionale modello di vendita pubblicitaria.
I libri: carta batte digital
Ci si potrebbe aspettare che quando si parla di libri e di editoria in generale si vada a toccare un ambito particolarmente colpito (in negativo) dalla trasformazione digitale. In realtà, è interessante constatare come l’editoria sia uno dei segmenti del settore intrattenimento che fa registrare un segno positivo di crescita.
La PricewaterhouseCoopers prevede, infatti, che nel periodo ricompreso tra il 2019 e il 2023, il mercato dei libri in Italia crescerà dello 0,2%, assicurando un livello di ricavi di circa 2.2 miliardi di euro. E questo sebbene gli italiani continuino a dimostrarsi consumatori di libri “tradizionalisti”, preferendo leggere un volume stampato che acquistare la sua versione digitale.
Il cosiddetto e-book, infatti, nonostante le buone premesse di partenza non ha mai sfondato del tutto nel nostro Paese. Basti pensare che, tra il 2010 e il 2016, il mercato dei libri digitali ha raggiunto quota 67 milioni di euro, che corrisponde a circa il 5% del mercato, e nel 2018 lo stesso comparto ha fatto registrare una decrescita del 17,2% (fonte: key4biz.it).
Tuttavia, si rileva l’arrivo in Italia di un nuovo trend decisamente interessante, che è già piuttosto diffuso in altri Paesi, ovvero il selfpublishing, che altro non è che la tradizionale auto-pubblicazione di un libro. La trasformazione digitale, in effetti, ha permesso la formazione di numerose piattaforme online dedicate, in cui un autore, senza l’intermediazione dell’editore, può pubblicare direttamente la propria opera e, in un secondo momento, venderla o attraverso queste piattaforme o da dei punti fisici.
Grazie a questa forma di “democratizzazione dell’editoria” resa possibile dalla digitalizzazione, in Italia sono stati proposti più di 11.600 titoli di self ebook, che equivalgono al 22,8% delle pubblicazioni digitali.
È interessante notare un altro effetto della trasformazione digitale: sono in crescita gli esempi di fruizione dei libri attraverso altri media. Un esempio è quello degli audiolibri che proprio grazie alla popolarità dei podcast, di cui si è dato conto sopra, sono sempre più diffusi, al punto tale che attualmente sono più di 4 milioni gli italiani che ascoltano audiolibri.
Un altro esempio, invece, è stata la presenza di Netflix alla Fiera del Libro per Ragazzi di Bologna, che secondo gli esperti ha segnato l’inizio di un “affascinante dialogo tra il libro e lo schermo, la tradizione e il futuro” da cui emerge evidentemente che ciò che si vede influenza in modo inevitabile anche ciò che si legge.
Non è un bel periodo per la stampa periodica
A passarsela molto meno bene rispetto al segmento dei libri è quello dei quotidiani e dei periodici, che continuano a mostrare segni di sofferenza, anche se non è detto che questo sia necessariamente correlato alla trasformazione digitale. Anzi, quest’ultima potrebbe offrire delle opportunità interessanti per rilanciare tutto il segmento.
Ad esempio, è possibile realizzare una versione online della propria testata, in modo tale da aumentare la propria audience e andare incontro alle necessità degli utenti, che hanno sempre più bisogno di accedere ai contenuti che preferiscono come e quando vogliono. Hanno fatto esattamente questo molti dei principali quotidiani e periodici nazionali e internazionali, registrando talvolta delle prestazioni di mercato migliori rispetto a quelle della loro versione cartacea.
La strada da seguire, dunque, è questa, a maggior ragione se si pensa ai risultati economici – decisamente positivi – che New York Times, il Boston Globe e il Washington Post hanno registrato quando hanno deciso di ridurre il perimetro del loro paywall diminuendo il numero di articoli disponibili gratuitamente. Grazie a questa scelta coraggiosa, infatti, i giornali sopracitati hanno registrato un aumento dei clienti abbonati al modello digital only che ha raggiunto i 2,5 milioni di utenti, cosa che ha portato ad una crescita dei ricavi totali, per un ammontare di 1,68 miliardi di dollari contro i 1.56 miliardi di dollari dell’anno precedente.
Questa strategia sembra avere dato i suoi frutti anche perché ha permesso di fronteggiare un problema che il mondo dei media legati all’informazione devono necessariamente gestire che è quello della credibilità. Parte, infatti, dei cattivi risultati registrati dal comparto è legato al fatto che la trasformazione digitale ha cambiato il mondo della comunicazione, moltiplicando il numero di fonti da cui una persona può raccogliere delle informazioni.
Se questo significa, da un lato, che sono nate diverse testate che forniscono contenuti solamente online, dall’altro, sono aumentate le probabilità per un utente di incappare in notizie false – basti pensare al problema delle fake news, che spesso si diffondono in modo virale anche a causa dei social network.
“Costringere” le persone a sottoscrivere un abbonamento permette alle testate di guadagnarsi uno status tra gli utenti e, cosa non meno importante, garantisce che la maggior libertà che c’è su internet non vada ad intaccare la qualità dei prodotti che vengono forniti ai lettori.
La televisione resta ancora regina
È quasi scontato sottolineare che, nonostante la trasformazione digitale, la televisione in Italia e non solo resta uno dei media più rilevanti, se non il più rilevante per capacità di penetrazione tra la popolazione.
Non a caso, secondo il Censis, oltre il 90% delle famiglie campione possiede almeno un apparecchio televisivo e l’86% di coloro che sono stati intervistati ha dichiarato di guardare la televisione almeno una volta al giorno.
Nonostante questo, anche la televisione ha subito la trasformazione digitale e a suo modo ha iniziato a dimostrare i segni della digitalizzazione.
Il primo tra questi è l’arrivo e l’affermazione della televisione in streaming. Tutte le principali reti hanno, infatti, già previsto la trasmissione di parte o di tutti i loro programmi su delle piattaforme digitali, in modo da permettere agli utenti di fruire dei contenuti in ogni momento e soprattutto dal mobile. Questo è particolarmente importante alla luce del fatto che proprio lo smartphone è uno degli strumenti più utilizzati per navigare su internet e che una delle azioni che si fa più spesso usando i propri telefoni è proprio quella di guardare contenuti video. La rilevanza di queste piattaforme, tra l’altro, è dimostrata dal fatto che anche l’Auditel-Censis ha iniziato ad interessarsi a queste nuove dinamiche di fruizione, riportando nel secondo rapporto del 2019 dati eloquenti circa il numero di persone che guardano la televisione in modi “non tradizionali”.
Un secondo effetto legato alla trasformazione digitale è stato quello di aggiungere nuovi competitor nel mercato, che hanno rivoluzionato il modo di concepire un prodotto televisivo. È ovvio che si sta parlando di giganti quali Netflix, Amazon Prime Video, Disney Plus, che hanno reso l’on demand la principale modalità di fruizione video e che, inoltre, hanno creato dei nuovi fenomeni sociali come, ad esempio, il binge watching – ovvero l’abitudine di guardare ininterrottamente dei contenuti televisivi – imponendo la serialità come formato vincente in termini narrativi e di mercato.
Un altro effetto interessante è l’incredibile complementarietà che si è creata tra la televisione ed altri media. Si pensi, ad esempio, a ciò che accade sui social network durante i grandi eventi televisivi, come Sanremo o gli Oscar. In queste occasioni, la rete diventa un luogo di aggregazione naturale, in cui le persone scambiano opinioni, pareri, meme su eventi che stanno guardando attraverso un altro media.
Addirittura, in alcuni casi, si organizzano dei veri e propri gruppi di ascolto per commentare in diretta ciò che accade e questo non solo permette di scoprire delle nuove forme di socialità, ma rende attivo e davvero coinvolgente un media come la televisione che di per sé prevedrebbe una fruizione puramente passiva. Non a caso Facebook ha sperimentato una specifica modalità di chat, il cosiddetto Facebook Watch Party, che permette agli utenti di guardare e commentare i video direttamente con i propri amici, facilitando l’interazione durante la visione dei contenuti.
Qualche novità nel settore intrattenimento
La trasformazione digitale ha poi dato lo slancio ad alcuni settori emergenti che con il tempo stanno diventando sempre più rilevanti.
È il caso, ad esempio, del gaming che in particolare negli e-Sport ha trovato un segmento decisamente promettente. Sebbene in Italia i ricavi derivanti da questo ambito siano ancora al di sotto del livello di altri Paesi, PwC prevede che il mercato consumer italiano degli e-Sport farà registrare una crescita notevole, con un CAGR 2018-2023 del +51,6%.
La stessa cosa, anche se non con questi stessi numeri, accadrà anche per il settore della realtà aumentata, che si prevede crescerà circa del 23% nel medesimo periodo.
È facile immaginare che questi ambiti, proprio alla luce di tali prospettive, diventeranno fondamentali in futuro per stimolare la creazione di nuove tipologie di contenuti e spingeranno i diversi player ad innovare ancora i presenti modelli di intrattenimento.