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I 5 principali trend dell’e-commerce utili per tutti i retailer

trend ecommerce per il retail

Articolo aggiornato al 17/06/2022

I trend ecommerce per il retail: un’introduzione

Il retail digitale è uno dei settori economici più promettenti di questi anni, per questo vale la pena analizzarlo. Non solo per sapere come si trasformerà in futuro, ma anche per prevedere strategie e comportamenti virtuosi che tutte le aziende del comparto dovranno adottare per rimanere competitive anche domani.

L’e-commerce, ormai, è un comparto del settore retail la cui importanza è sotto gli occhi di tutti. Rispetto, infatti, a tutti gli altri comparti più tradizionali, è l’unico (con pochissime eccezioni) a far registrare dei tassi di crescita davvero eccezionali. Del resto, ormai in tutto il mondo, Italia compresa, gli utenti si sono abituati ad utilizzare anche le piattaforme e-commerce per fare acquisti.

Tra l’altro è interessante sottolineare come ormai quasi tutti i tipi di prodotti siano acquistabili online. Dunque, in termini di offerta, l’e-commerce va verso una scelta sempre più ampia e variegata, che punta, in un certo senso, a replicare quella che si trova in una qualunque corsia del supermercato. E se l’offerta non manca, la domanda è persino in aumento. È, infatti, interessante rilevare come si registri una continua crescita nella spesa per tutte le diverse categorie merceologiche disponibili su una piattaforma e-commerce.

Su base tendenziale, fino ad aprile 2022, le vendite al dettaglio sono aumentate dell‘8,4% in valore e del 4,4% in volume. Sono in crescita le vendite dei beni non alimentari (+11,2% in valore e +9,3% in volume) mentre quelle dei beni alimentari registrano un aumento in valore (+5,5%) e una diminuzione in volume (-0,8%) (fonte: istat.it).

 

 

Crescono i ricavi, cresce la rilevanza

Questa crescita così notevole dei ricavi comporta che l’e-commerce, che ricordiamo essere un segmento relativamente recente, stia iniziando a rivestire un ruolo sempre più importante nelle dinamiche economiche mondiali.

In altri termini, questo significa che sta diventando sempre più rilevante e questo è dimostrato da diversi fattori. Uno di questi è, ad esempio, il fatto che in pochi anni sono stati moltissimi gli interventi legislativi volti a regolamentare e a favorire la diffusione dell’e-commerce.

Certamente una delle misure più importanti che sono state adottate, in passato, in questo senso è la Payment Service Directive 2 (PSD2 come acronimo), che è la direttiva europea relativa ai servizi di pagamento tramite piattaforma digitale. In estrema sintesi, tra le innovazioni più importanti della PSD2, approvata a gennaio 2018 ma che diventata ufficialmente operativa in Italia il 14 settembre 2019, c’è il fatto di aver aumentato la concorrenza nel settore bancario dell’Unione Europea, dando la possibilità ad alcuni soggetti specifici (i cosiddetti Operatori Terzi) di fornire servizi di pagamento agli utenti, diventati ormai per noi la normalità (fonte: agendadigitale.eu). Grazie a questa direttiva, infatti, gli utenti possono scegliere di servirsi di provider altri rispetto a quelli “istituzionali” per svolgere una buona parte di operazioni finanziarie (dal pagamento al controllo dei conti correnti).

Dal canto loro, le banche si sono trovate obbligate ad “aprire” le porte dei loro database a cui possono accedere, in piena sicurezza, detti Operatori Terzi, che immettono così sul mercato nuovi servizi e prodotti innovativi user-centered senza bisogno di dover passare dai server della banca, la quale, di conseguenza, non può più sfruttare la propria posizione istituzionale come una sorta di collo di bottiglia per restringere il campo d’azione di soggetti più piccoli. Questo, evidentemente, ha semplificato le operazioni di pagamento rendendole più efficienti, fluide e nello stesso tempo semplici e sicure per gli utenti, inaugurando una fase di open banking che di certo favorirà l’utilizzo di sistemi di pagamento online su piattaforme di e-commerce.

Un’altra disposizione che va in questo senso è quella che ha eliminato il geoblocking per gli e-shopper. In questo modo, i siti di e-commerce non possono più bloccare i visitatori da altri Paesi europei e di conseguenza, i dati cross border non potranno che aumentare rendendo ancora più facile e soddisfacente l’esperienza di acquisto del cliente.

O ancora, l’emanazione del GDPR ha garantito a tutti gli utenti che vogliono acquistare su internet maggiori tutele e garanzie, soprattutto in merito alla gestione e al traffico di dati e informazioni sensibili: non a caso sono aumentati i controlli e i ricorsi per violazione della privacy, disincentivando pratiche di telemarketing scorrette (fonte: agendadigitale.eu).

Un altro fattore che dimostra la rilevanza acquisita dal settore del retail digitale in questi anni è il fatto che anche i retailer tradizionali stanno iniziando a riconoscerne l’esistenza e a domandarsi, alla luce di questa nuova realtà, come reinventare il proprio business. Si pensi, ad esempio, alle grandi catene di supermercati che stanno cominciando ad implementare all’interno dei loro siti delle sezioni dedicate all’e-commerce così da permettere agli utenti di fare la spesa senza muoversi da casa. Esselunga, ma anche Conad o il gruppo Coop puntano molto su queste nuove modalità di acquisto, offrendo servizi di consegna a casa particolarmente utile per i lavoratori o magari per chi non può uscire di casa per i motivi più vari.

Questa contaminazione è importante anche perché stimola questi gruppi della grande distribuzione organizzata a ripensare alla customer experience offerta ai clienti, spingendoli ad arricchirla anche attraverso degli altri touch point fondamentali per rimanere competitivi e sopravvivere sul mercato.

I trend ecommerce per il retail

Se, dunque, è corretto dire che l’e-commerce è un segmento importante per l’economia, è altrettanto vero che per tutti questi fattori l’e-commerce è un comparto che merita di essere analizzato, anche perché da tale studio è possibile ricavare delle informazioni importanti circa i trend che da qui ai prossimi anni influiranno sulla struttura e le caratteristiche dell’intero settore.

Iniziamo dunque a vedere quali sono questi trend.

1. Sempre più Phygital

Il primo trend in assoluto per importanza è quello che vede la convergenza sempre più frequente tra l’esperienza di acquisto analogica e l’esperienza di acquisto digitale. Questo ha un nome specifico ed è phygital, neologismo che serve proprio per indicare questa “unione” tra mondo fisico e digitale, i quali giocano un ruolo fondamentale al fine di offrire una customer experience personalizzata e di qualità soprattutto in quei settori, come il retail, in cui il cliente ha una posizione centrale. A ben vedere, ci sono tanti modi per approdare verso un modello di business phygital.

Un esempio è quello di Amazon o Alibaba, che per “mettere un piede” nel settore della grande distribuzione organizzata hanno deciso di affiancare ai loro store digitali anche un punto vendita fisico, in cui lo smartphone diventa il device attraverso cui fare acquisti o attivare servizi (fonte: datamanager.it).

Ma accade anche il contrario, come si è detto sopra parlando di alcune delle principali catene di supermercati italiani, che danno ora la possibilità ai clienti di fare la spesa online. Questo trend è interessante perché mostra che quando si parla di retail è molto difficile riuscire a rinunciare del tutto ad avere un negozio fisico, se non altro perché solo avendo un negozio è possibile sfruttare fino in fondo il ciclo di attivazione della dopamina, che già gioca un ruolo fondamentale sui social, nelle app, nel gaming e nel mondo digitale in generale.

2. Sempre più mobile… ma non solo

Un altro trend ecommerce per il retail ormai sicuro e consolidato nel settore è il largo uso dello smartphone da parte dei consumatori, che sta rapidamente diventando il device preferito per fare moltissime cose, tra cui anche acquistare.

Tra l’altro, questo trend è ancora più rilevante per i retailer italiani, dal momento che in Italia lo smartphone viene utilizzato dagli shopper online molto di più che nel resto d’Europa, sebbene l’e-commerce sia, in proporzione, meno diffuso nel nostro Paese che negli altri Paesi dell’Unione. Basti pensare, inaffti, che l’85% della popolazione web usa il mobile per fare shopping. Scendendo nel particolare, il 34% degli italiani lo usa spesso, mentre il 14% dichiara di usarlo sempre (fonte: casaleggio.it).

Per questo, è fondamentale per i retailer digitali e non solo prevedere una customer experience fluida, efficace e soddisfacente anche se viene fornita attraverso un smartphone. Anche perché spesso gli utenti utilizzano lo smartphone non come device sostitutivo all’acquisto analogico, ma come strumento di integrazione dell’esperienza nello store. Risulta, infatti, da alcune interessanti ricerche che più della metà dei consumatori è abituata a verificare la disponibilità di un prodotto quando ancora è a casa, prima ancora di avviarsi in negozio, mentre il 38% ha dichiarato di verificare la presenza o meno di un prodotto appena prima di arrivare al punto di acquisto fisico e il 34%, invece, utilizza lo smartphone anche direttamente nel negozio per cercare informazioni e recensioni su un determinato prodotto (fonte: 12data.com).

Non prevedere, dunque, una customer experience mobile friendly significa impoverire l’esperienza di acquisto di una parte molto importante, anche perché questa assenza può incidere direttamente sui ricavi, dal momento che il 39% dei consumatori considera improbabile o molto improbabile il fatto di recarsi in un negozio fisico se non è possibile ottenere online informazioni relativamente ai prodotti disponibili in magazzino.

Il largo uso dello smartphone da parte degli utenti è certamente un trend da seguire, ma non per questo bisogna dimenticarsi degli altri device che l’utente utilizza per cercare ed acquistare prodotti o servizi. Gli utenti, infatti, sono ormai abituati ad usare tanti device, spesso contemporaneamente e a considerare l’esperienza di acquisto digitale e analogica come un tutt’uno, che deve svilupparsi in modo fluido e ininterrotto. Per questo, ormai da diverso tempo, i retailer stanno costruendo una customer experience che sia il più possibile omnicanale, così da renderla più immersiva e soddisfacente per il cliente.

Dal punto di vista del consumatore non c’è, infatti, niente di peggio, che incappare in ripetizioni inutili, sovrapposizioni e interruzioni ingiustificate dell’operazione di acquisto: la frustrazione generata spesso equivale ad un mancato ricavo da parte del retailer.

A ben vedere, però, essere omnicanale non basta: gli utenti si aspettano anche una customer experience omnidevice, che è cioè capace di integrare al suo interno più device attraverso cui è possibile portare avanti la propria esperienza di acquisto senza soluzione di continuità. Così, ad esempio, il cliente deve poter verificare la presenza del prodotto che preferisce online, preordinarlo con lo smartphone, andarlo a ritirare in un punto fisico, registrarsi per lo sconto di benvenuto da un totem o un tablet presente in negozio e, infine, pagare ancora una volta con lo smartphone.

3. I pagamenti devono essere semplificati

A proposito di pagare con lo smartphone: un altro trend ecommerce per il retail fondamentale per chi lavora nel settoreè quello di garantire un numero sempre più vario di modalità di pagamento, in modo tale che il cliente possa scegliere quella che preferisce.

Ecco quindi che oltre a contanti e carte di credito o debito, occorre abbracciare anche le applicazioni come Satispay e Paypal per evitare che il cliente a causa della frustrazione di non poter pagare abbandoni l’acquisto – cosa che, tra l’altro, accade quasi il 70% delle volte (fonte: baymard.com).

Come si è visto qualche riga sopra, le normative sono favorevoli a ciò e spingono perché il mercato offra servizi sempre più efficienti e sicuri.

4. Si acquista sempre più con la voce

Un altro trend ecommerce per il retail particolarmente interessante per il prossimo futuro è quello dello shopping vocale, reso possibile dalla grande diffusione nelle case degli smart speaker, che sono capaci di svolgere determinate operazioni semplicemente stimolati dalla voce del proprietario.

Questo trend, nato negli Stati Uniti, in realtà dimostra una cosa: l’acquisto di per sé è un’operazione che richiede relazione, sia con un commesso in carne ed ossa sia con un assistente digitale. Del resto, da una ricerca sul tema risulta che il 46% dei consumatori si sente ugualmente a proprio agio a parlare con uno smart speaker o con un addetto in carne ed ossa.

5.  Anche il digitale pensa all’ambiente

Un ultimo trend ecommerce per il retail, molto interessante da sottolineare, è quello che vede i venditori online intraprendere delle azioni finalizzate alla sostenibilità ambientale.

Nonostante i retailer digitali nono abbiano un sito, questo non significa che la loro attività non abbia un impatto sull’ambiente. Anzi, diverse ricerche hanno rivelato che i grandi retailer digitali hanno un ruolo decisivo nell’aumento dell’inquinamento urbano, dal momento che, pur di consegnare in tempi brevi i prodotti ordinati, fanno girare camion mezzi vuoti, a discapito della logistica e dei polmoni di tutti i cittadini. Per non parlare poi della grande produzione di rifiuti data dagli imballaggi che vengono realizzati ogni giorno per ogni singolo acquisto.

È chiaro che in un momento di così grande attenzione nei confronti dei cambiamenti climatici anche giganti come Amazon e Alibaba sono chiamati a fare sempre di più la loro parte in questa battaglia.

I modi sono tanti: si va dal proporre beni che offrono un beneficio sociale o ambientale fino a ridurre i rifiuti di spedizione, magari servendosi di materiali riciclati o biodegradabili.

Questo a dimostrazione che ancora una volta – e questo è il trend più importante di tutti – reale e digitale sono destinati a camminare insieme, intrecciandosi e trasformandosi reciprocamente.

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