La digitalizzazione aziendale assume un’importanza ancora più rilevante per tutti i soggetti che stanno affrontando il periodo Covid-19. Lo scorso 16 giugno si è tenuto il Convegno finale dell’Osservatorio Digital B2B del Politecnico di Milano, dal titolo quanto mai attuale ed evocativo: “Digitalizzare per (r)esistere”.
Doxee è sponsor da anni di questo Osservatorio e, come già fatto negli anni scorsi, non ha mancato di portare il suo contributo in qualità di player protagonista nell’evoluzione di importanti processi che sempre di più stanno spingendo l’acceleratore a livello della digitalizzazione aziendale. Fatturazione elettronica, ordinazione elettronica, dematerializzazione, conservazione digitale a norma, tanto per citarne alcuni. Anche in questo convegno Doxee ha quindi voluto essere presente, per ascoltare e per raccontare la propria esperienza di “testimone oculare” di come le aziende hanno reagito all’emergenza Covid-19, di come appunto hanno resistito ad uno tsunami, per certi versi imprevisto e dirompente.
Ha potuto infatti sperimentare da vicino quanto veramente la digitalizzazione aziendale sia stata una sorta di “vaccino” per resistere alla forza del virus, che come sappiamo non ci ha investito solo sul piano della salute, ma anche su quello sociale, educativo, economico, culturale.
Il convegno dell’Osservatorio ha raccontato alla perfezione la situazione dell’emergenza Coronavirus e di come abbia impattato sul mondo delle imprese. Diverse e molto significative sono state le voci di quelle aziende che per prime hanno voluto e saputo organizzarsi internamente e che hanno saputo programmare le loro attività e le loro produzioni per soddisfare primariamente le richieste delle emergenze (forniture mediche, sanitarie, beni di prima necessità, ecc.). Ed è stato molto bello ascoltare i protagonisti di queste aziende dire all’unisono che tutto questo ha rappresentato un’esperienza unica, soprattutto quando ognuno ha cercato di dare il proprio meglio per rispondere a richieste di aiuto.
Digitalizzazione aziendale e continuità operativa, la potenza dei dati
Sin da subito dalla sua comparsa l’emergenza Covid-19 ha innescato la “chiamata” alla digitalizzazione, anche semplicemente per garantire in maniera rapida la continuità operativa dei processi aziendali e delle transazioni economiche. Basti pensare all’introduzione dello smartwoking, per fare un esempio, o più in generale all’attivazione di strumenti di monitoraggio digitale sull’esecuzione dei processi. Senza dimenticare il potenziamento dell’e-commerce, in tutti i sui snodi, e la semplificazione dei processi di dematerializzazione e di firma dei contratti. Il tutto in un’ottica di importante potenziamento del livello di collaborazione e integrazione a livello di filiera.
Se vogliamo tuttavia andare ancora più in profondità, allora forse uno degli aspetti più importanti emersi durante il convegno è stato la capacità di sfruttare al meglio la potenza dei dati. Molte aziende hanno infatti compreso subito l’importanza di sapere utilizzare i dati di fornitori-produzione-clienti nelle politiche di gestione delle forniture durante il ciclo degli acquisti e nell’ottimizzazione del magazzino, nella ottimizzazione del portafoglio dei prodotti e nella rimodulazione della produzione, nella previsione dei cambiamenti della domanda e nell’organizzazione di nuovi canali di vendita/distribuzione.
I dati delle fatture elettroniche
Anche Doxee ha voluto portare un suo contributo, sulla base della sua esperienza di gestione di diversi miliardi di documenti ogni anno, tra i quali centinaia milioni di fatture elettroniche. Ha voluto infatti sottolineare ancora una volta quanto un documento, un file, “semplice” come la fattura sia in realtà un insieme importante e complesso di dati che “raccontano” scelte, bisogni, comportamenti. Quindi l’estrazione e la valorizzazione di questi dati diventa un processo indispensabile, sempre più strategico nel raggiungimento di obiettivi di posizionamento delle aziende e dei prodotti, nella gestione dei cash-flow aziendali, ma anche, soprattutto nel caso del B2C, nei processi comunicativi interattivi e personalizzati con i consumatori finali.
La semplificazione della digitalizzazione aziendale
Se da un lato le aziende hanno quindi meglio compreso e migliorato l’utilizzo dei dati, dall’altro il “ciclone” Covid-19 ha messo in luce anche un’applicazione virtuosa, a riprova che si possa imparare anche dalle situazioni di emergenza per il futuro dell’Italia.
Nel caso specifico attraverso la semplificazione.
Come ben illustrato durante il Convegno dell’Osservatorio, il periodo di emergenza ed il relativo lockdown hanno fatto emergere con ancora più forza l’esigenza di semplificazione data dal digitale. Abbiamo potuto infatti verificare come in Italia siano state introdotte diverse “normative in deroga”, ad esempio nell’ambito dei contratti bancari (semplificazione del processo di firma e di espressione del consenso) o dei procedimenti civili (sottoscrizione semplificata delle procure), con l’obiettivo principale di rendere molto più snelle e semplici le procedure burocratiche di determinate situazioni di “interfacciamento” tra aziende e clienti, tra pubbliche amministrazioni e cittadini.
Il ricorso forzato alla semplificazione è, però, anche indice di altri aspetti significativi: probabilmente i processi digitali e gli strumenti informatici utilizzati fino a qualche mese fa (nell’era “pre-Covid”) presentavano un’intrinseca rigidità, talvolta correlata ad una tendenza a richiedere più garanzie formali nel digitale rispetto a quanto si faceva con l’analogico.
Detto questo, lo spunto per il futuro a breve termine potrebbe quindi essere proprio quello di continuare sulla strada della semplificazione del digitale, facendo tesoro di questa esperienza, mettendo nel mirino alcuni elementi fondamentali, come il ricorso a norme già esistenti, la rimozione di barriere culturali, la riduzione delle procedure complesse, l’attenzione agli approcci funzionali.
Processi già digitalizzati, per fare sin da subito la differenza
Il convegno dell’Osservatorio ha poi confermato quanto già si era benissimo compreso negli ultimi 18 mesi, a partire dall’introduzione dell’obbligo della fatturazione elettronica in Italia: le organizzazioni con processi digitali ben strutturati hanno più facilmente creato le condizioni per lavorare in remoto e sono state in grado di far fronte all’emergenza in maniera sia efficace sia efficiente.
Un anno e mezzo di esperienza sulla fatturazione elettronica sono un bel “curriculum”, perché ha portato a imparare e crescere utilizzando formati, dati, processi completamente dematerializzati e digitali e quindi prontamente adattabili alla situazione di emergenza, senza ulteriori interventi e quindi senza particolari costi.
I dati della ricerca dell’Osservatorio hanno innanzitutto ribadito i volumi interscambiati in Italia nel primo anno di obbligo, di cui si è già parlato più volte: oltre 2 miliardi di fatture elettroniche. Molto interessante è a questo punto collegare questi volumi a quanto ricordato dal Direttore dell’Agenzia delle Entrate, proprio qualche giorno fa, nella sua audizione in Commissione Finanze, alla Camera. Il Direttore Ruffini ha infatti ricordato che il trend – seppur con un po’ di flessione causa emergenza Covid – rimane positivo anche nel 2020, con circa 770 milioni di fatture elettroniche interscambiate nei primi 5 mesi. Soprattutto ha tenuto a sottolineare che la fatturazione elettronica ha prodotto effetti positivi per 3,5 miliardi di euro, tra gettito IVA, contrasto alle frodi fiscali ed emersione con ripercussione sulle imposte dirette, concludendo con una previsione di respiro ottimistico: “Credo che – ha detto Ruffini – se riuscissero a chiudere il perimetro dell’innovazione tecnologica, dell’interoperabilità di dati, della trasmissione di questi dati, della valorizzazione di questo patrimonio informativo da parte dell’amministrazione finanziaria, tutelando tutti i diritti dei cittadini, il Parlamento e il Governo possono accettare una sfida di dimezzare l’evasione fiscale nel giro di una legislatura, ovvero in cinque anni”
È vero, stiamo pur sempre parlando di un ambito specifico in cui la digitalizzazione è arrivata a colpi di interventi normativi, ma è anche vero che il risultato finale è sotto gli occhi di tutti ed è condiviso positivamente da tutti gli stakeholder. E non va dimenticato che non si è semplicemente garantita e migliorata la sopravvivenza di processi indispensabili, ma lo si è fatto anche per aziende più piccole e storicamente non strutturate sul digitale.
Possiamo forse dire che la fatturazione elettronica ha costituito la “nave scuola” dalla quale poi salpare, per continuare a digitalizzare sempre più.
La strada è tuttavia ancora molto lunga. Lo dimostrano i dati pubblicati sull’indice aggiornato del DESI, (The Digital Economy and Society Index) che certifica una “retrocessione” della posizione del nostro Paese, sceso al terzultimo posto fra i 28 stati membri della UE. Al di là delle classifiche, sono ancora tante le lacune da colmare e i passi da attuare, a partire dalla formazione del capitale umano e delle competenze digitali, ma l’emergenza Covid forse ha contribuito anche su questo.
In conclusione, qual è la strada da prendere?
Grazie al resoconto finale dell’Osservatorio Digital B2B del POLIMI possiamo allora portarci a casa qualche conclusione importante, che in realtà dovrebbe spronare a proseguire con vigore in certi percorsi.
Sicuramente quello della digitalizzazione dei processi aziendali (e non solo dei documenti), con un approccio funzionale. Occorre infatti lavorare per rendere sempre più digitale i vari snodi delle intere filiere di processo, in cui la digitalizzazione aziendale o la dematerializzazione dei documenti è solo uno dei passaggi. Da questo punto di vista sarà fondamentale spingere ulteriormente l’acceleratore sulla Ordinazione Elettronica (NSO) e sulla gestione dei DDT elettronici, prossimi step fondamentali per l’intero Sistema Paese italiano.
Infine, occorre pensare alla digitalizzazione non (o non solo) come un oggetto da normare a tutti i costi; in fin dei conti l’emergenza Covid-19 ci ha insegnato anche che la semplificazione di certe procedure non è solo figlia dell’emergenza, ma anche di una necessità di sgomberare il campo da ostacoli burocratici, forse troppo opprimenti e probabilmente frutto di esigenze normative ridondanti che oggi non hanno più senso di esistere.