L’8 dicembre 2022 ha finalmente visto la luce la proposta della Commissione Europea ormai prevista da diversi mesi e nota come ViDA – VAT in the Digital Age. La tanto attesa riforma è destinata ad avere notevoli impatti sulle attività delle imprese europee e non, dal punto di vista degli adempimenti fiscali e di e-reporting intra-comunitario, della fattura elettronica europea e della digitalizzazione dei processi indispensabile per garantire il rispetti dei nuovi requisiti.
La riforma, che è stata definita una delle riforme più ambiziose – se non la più ambiziosa – degli ultimi decenni, dovrebbe consentire di recuperare oltre 11 miliardi di imposta all’anno sul valore aggiunto nel territorio dell’Unione.
Vediamo insieme cosa comporta il pacchetto di modifiche proposto dalla Commissione, le motivazioni dietro a questa serie di innovazioni e le date da tenere a mente.
Trattandosi di una proposta, è previsto un periodo di consultazione pubblica di 8 settimane, che scadranno all’inizio a febbraio, durante il quale vi sarà la possibilità di per i diversi stakeholder di avanzare domande, chiarimenti e suggerimenti. Al termine della consultazione avremo dunque il testo definitivo delle riforme anche se, essendo già stato ampiamente discusso e condiviso, eventuali cambiamenti saranno probabilmente ridotti al minimo.
Le motivazioni della riforma
Come abbiamo accennato, questo pacchetto di riforme era nell’aria da tempo, a causa della necessità di aggiornare la Direttiva IVA europea (direttiva 2006/112/EC) in modo da rimanere al passo con gli importanti cambiamenti che si sono verificati a partire dalla sua prima emanazione nel 2006. Basti pensare alla diffusione delle piattaforme di e-commerce e all’impatto che hanno avuto su commerci, transazioni e gestione degli adempimenti fiscali.
Uno dei primi obiettivi che la Commissione europea mira a raggiungere con le riforme, tuttavia, è contrastare i fenomeni legati alla frode, all’evasione e all’elusione fiscale. Secondo alcune stime, nel solo 2020 l’Unione europea avrebbe perso ben 93 miliardi di euro in termini di IVA non riscossa. Una parte considerevole delle frodi fiscali, inoltre, sarebbe da ricondurre a transazioni intra-UE, le cosiddette frodi – carosello.
Ecco perché uno dei punti chiave della proposta riguarda l’introduzione dell’obbligo di trasmettere i dati delle operazione intra-comunitarie ad un sistema centralizzato a livello dell’unione, un vero e proprio obbligo di e-reporting. Infatti, alla base della proposta vi è la convinzione – o, per meglio dire, la consapevolezza, che la digitalizzazione dei processi e delle transazioni sia ormai uno strumento indispensabile per agevolare sia le attività di monitoraggio da parte delle autorità competenti, sia per facilitare le imprese di ogni tipo nella compliance agli adempimenti.
Per attuare i propri obiettivi, la Commissione UE ha previsto un pacchetto di riforme che prevede di intervenire su tre diversi testi normativi, oltre che la produzione dei necessari atti di esecuzione. Vengono quindi avanzate proposte per modificare:
- la direttiva 2006/ 112/ EC (la cosiddetta direttiva IVA);
- il regolamento 282/2011;
- il regolamento 904/2010.
VAT in the Digital Age (ViDA), i 3 punti chiave della proposta dell’UE
La proposta si basa su tre elementi chiave:
- l’introduzione di un sistema di digital reporting, o e-reporting, per consentire il monitoraggio a livello dell’Unione dei dati relativi alle transazioni intra-comunitarie.
Il digital reporting, che diventerà obbligatorio, sarà necessariamente basato sulla fattura elettronica secondo lo standard europeo. Attraverso degli appositi atti di esecuzione, l’Unione europea dovrà chiarire i dettagli tecnici del sistema e le modalità di interazione tra i sistemi nazionali e il sistema centralizzato che verrà implementato. Allo stato attuale della proposta, quindi, mentre ogni Stato membro potrà facoltativamente decidere se e come implementare la fattura elettronica o un modello di CTC (Continuous Transaction Control), a livello crossborder la fattura elettronica europea diventa una realtà sempre più concreta.
- Registrazione IVA unica, per consentire alle imprese di adempiere più facilmente agli obblighi IVA, senza doversi registrare in ognuno dei Paesi in cui effettuano transazioni, e quindi senza doversi uniformare ai rispettivi requisiti di compliance. Tramite questa innovazione, le imprese potranno registrarsi una sola vota e adempiere agli obblighi previsti tramite un unico portale e in una sola lingua. In questo modo si dovrebbe anche generare un risparmio a beneficio delle aziende, soprattutto delle PMI, in termini di costi amministrativi e di registrazione: risparmio che si stima potrebbe ammontare a quasi 9 miliardi in un periodo di 10 anni;
- Aggiornamento delle norme IVA per gli operatori delle piattaforme. Questa modifica fa riferimento in particolare a quegli operatori che gestiscono piattaforme legate agli affitti brevi e al settore del trasporto passeggeri, nell’ambito ad esempio del settore turistico. Allo stato attuale, infatti, molte di queste transazioni rimangono al di fuori degli adempimenti IVA, causando di fatto delle disuguaglianze tra gli operatori economici in gioco e generando un indebito vantaggio per alcuni degli operatori che si avvalgono di tali piattaforme. Con le modifiche contenute nella riforma, le piattaforme in questione saranno tenute a garantire il versamento dell’IVA ove dovuta, qualora gli operatori non adempiano in prima persona. Questa misura dovrebbe consentire il recupero di 6 miliardi di IVA all’anno, secondo le stime proposte.
Fattura elettronica europea, per gli Stati sarà più semplice adottarla
Quelle elencate sono le tre novità principali contenute nella proposta di riforma, destinate a generare impatti notevoli. Ma la manovra è estremamente complessa e contiene diverse ulteriori modifiche, che sono necessarie per poter consentire una transizione armonica verso il nuovo regime.
Ad esempio, va segnalato che la proposta prevede anche alcune modifiche volte a facilitare l’adozione della fattura elettronica nell’ambito dei singoli Stati. Infatti, lo ripetiamo: mentre la fattura elettronica a livello delle transazioni intracomunitarie è destinata a trovare applicazione, nella misura in cui sarà obbligatorio adempiere agli obblighi di digital reporting a livello UE, per quanto riguarda l’ambito domestico dei singoli Stati ciò rimarrà ancora una facoltà.
In particolare, attualmente in quasi tutti gli Stati europei ove non vige l’obbligo, l’invio della fattura elettronica è subordinato al consenso del ricevente, che quindi può anche rifiutarsi di riceverla e pretendere una fattura cartacea o in PDF. Stando alla proposta, a partire dal 2025 gli Stati membri saranno liberi di rimuovere questa clausola, eliminando quindi la necessità per i fornitori di ottenere dai propri clienti il consenso alla fatturazione elettronica.
Ma soprattutto, la proposta contiene anche la cancellazione dell’articolo 232 della direttiva IVA, che attualmente impone agli Stati di richiedere una specifica deroga all’Unione Europea per poter introdurre il mandato di fatturazione elettronica nei rapporti B2B e B2C. Si tratta, infatti, della stessa procedura di deroga a cui si sono dovute uniformare l’Italia, la Francia e la Polonia, ad esempio. Con la cancellazione, verrà eliminato anche questo vincolo e gli Stati membri potranno dunque introdurre la fattura elettronica obbligatoria senza dover richiedere alcuna preventiva autorizzazione all’Unione europea. Al contrario, la fattura elettronica verrà considerata di default la modalità di fatturazione da adottare, in base alla modifica dell’articolo 218 della stessa direttiva.
Il calendario dei nuovi adempimenti
Come si vede, i cambiamenti previsti sono di grande impatto, e in questa sede abbiamo indicato solamente i principali. In considerazione di questo, e in considerazione del fatto che compliance ai nuovi requisiti richiederà consistenti adeguamenti sia tecnologici, sia procedurali agli Stati membri e ai soggetti interessati, l’introduzione delle modifiche sarà graduale e progressiva.
Innanzitutto, gli Stati membri dovranno provvedere ad emanare i provvedimenti e i regolamenti necessari per recepire gli emendamenti: questa fase dovrà concludersi tra la fine del 2023 e l’inizio del 2024.
Successivamente, a partire dal 2025 ed entro il 2030 entreranno in vigore gradualmente i diversi adempimenti legati al digital reporting intra comunitario, alla singola registrazione IVA e alle nuove regole per le piattaforme.
I risultati attesi
Come abbiamo accennato, uno dei principali risultati attesi è il recupero dell’IVA, grazie al supporto che queste misure basate su processi digitali possono dare nel contrasto all’evasione e alle frodi fiscali. Si stima che queste misure porteranno a far convergere nelle casse dell’Unione 111 miliardi di IVA nell’arco di 10 anni.
Inoltre, si è già detto del risparmio che ne ricaveranno le PMI in termini di costi di per garantire la compliance ai gli adempimenti fiscali, in quanto misure come la singola registrazione IVA ridurranno il carico che grava sulle imprese sotto questo punto di vista.
Inoltre, le misure contribuiranno a incrementare e a facilitare la comunicazione tra i sistemi nazionali già in uso, incentivando l’interoperabilità e favorendo anche l’adozione della fattura elettronica e di sistemi di e-reporting per quegli Stati che ancora non hanno implementato sistemi di questo tipo.