Il termine fintech è entrato nell’uso comune da ormai diverso tempo; molto semplicemente sta a indicare l’innovazione tecnologica applicata al settore finanziario. Un cambio di paradigma reso possibile dalla Digital Transformation.
In che cosa si traduce? Per dirla molto in breve: nuovi modelli di business, nuovi processi, prodotti e servizi, disintermediazione, semplificazione, nuovi operatori di mercato e dunque moltissime nuove opportunità da cogliere.
Il discorso è simile quando si parla di insurtech: un’etichetta sotto cui si raccoglie tutto ciò che ha a che fare con l’innovazione tecnologica digitale applicata alla Insurance Industry. Fintech e insurtech, è quasi superfluo ribadirlo, sono due forze motrici che seguono la stessa direzione, e procedono rinforzandosi l’una con l’altra.
Per avere un’idea molto generale delle dimensioni economiche di cui stiamo trattando: solo nel primo semestre del 2022 gli investimenti globali in fintech sono stati pari a 107,8 miliardi di dollari. Nel semestre precedente (il secondo del 2021) questa cifra era di 111,2 miliardi.
Spostiamoci nel campo più specifico dell’insurtech: alla fine del 2021 la dimensione di mercato di questo settore si assestava a 3,85 miliardi di dollari. E le stime di crescita? Sono impressionanti: il tasso di crescita composto annuo è stimato intorno al 51,7% per il periodo che va fino al 2030.
Anche il mercato dell’insurtech italiano ha iniziato a muoversi con un buon ritmo. Nel primo semestre del 2022 gli investimenti hanno superato i 200 milioni di euro. L’anno precedente, nello stesso periodo, la cifra si fermava intorno ai 60 milioni di euro. Come si può notare, l’incremento è stato molto marcato; ma rispetto ad altri paesi europei come la Germania e la Francia rimaniamo ancora molto indietro. Per vedere la cosa da un altro punto di vista, nell’ecosistema italiano del fintech e insurtech ci sono amplissimi margini di crescita.
Il settore assicurativo è stato inizialmente frenato nel suo cammino verso la digitalizzazione dalle procedure lente e burocratiche che l’hanno sempre caratterizzato, a maggior ragione nel nostro paese. Ma le cose, ormai, sono completamente cambiate.
Il percorso disegnato da questa svolta ha una direzione molto chiara: si va dai sistemi di identificazione e autenticazione digitali, alla raccolta e dallo sfruttamento dei dati – il patrimonio più prezioso per ogni company oggi – fino alla creazione di una nuova relazione con i clienti.
In questo articolo procederemo seguendo tre step decisivi, a cui dedicheremo altrettanti paragrafi; ci concentreremo sui temi dell’identità digitale e della firma elettronica; dunque, sulla conservazione digitale a norma; per giungere, infine, a un passaggio decisivo: quello che dai sistemi di CRM conduce a una ristrutturazione in senso digitale e personalizzato del CCM.
Identità digitale e Firma Elettronica
Partiamo dal concetto di “identificazione elettronica”, per come viene definito nel sito ufficiale dell’AGID (Agenzia per l’Italia Digitale).
“L’identificazione elettronica è un processo in cui si usano i dati di autenticazione personale in forma elettronica per identificare univocamente una persona fisica e una persona giuridica”.
Si tratta, insomma, di un insieme di informazioni che identificano in maniera univoca una specifica persona, all’interno di un determinato sistema informatico. Non solo: l’identità digitale permette di stabilire che una singola persona, in un preciso momento, sta compiendo determinate azioni online.
Senza perderci in eccessivi tecnicismi, veniamo al punto: tramite i sistemi d’identità digitale tutte le procedure di on-boarding in ambito assicurativo possono avvenire direttamente online, senza passaggi analogici, in adempimento a tutte le norme legislative e in massima sicurezza.
Il sistema d’identificazione elettronica con cui tutti noi abbiamo più familiarità è certamente lo SPID. Secondo i dati dell’Agenzia per l’Italia Digitale, a gennaio 2023 il numero totale delle identità digitali SPID in Italia ha superato i 35 milioni.
Di queste, oltre 6 milioni (dunque, un terzo) sono state attivate nell’ultimo anno, con un trend in continua e decisa accelerazione, che si è innescato soprattutto a partire dalle fasi di emergenza scatenatesi con la pandemia da Covid-19. Nel corso del 2022, gli accessi con SPID hanno superato il miliardo.
C’è poi il tema della CIE, la Carta d’Identità Elettronica: alla fine del 2022, gli italiani in possesso della CIE erano già oltre 32 milioni. E, naturalmente, in questo solco s’inserisce lo strumento della firma elettronica. La sottoscrizione di documenti e contratti da remoto e da qualsiasi tipo di device, proprio attraverso le soluzioni di firma elettronica, rientra ormai tra le aspettative degli utenti. Integrare questi strumenti nei propri processi, perciò, è un passo fondamentale non solo per migliorare i livelli di efficienza, ma anche per offrire una migliore customer experience.
Molto in breve: la diffusione presso il pubblico di questi strumenti è ai suoi massimi storici. E le compagnie assicurative devono tenere presente questo fatto, sfruttandolo a proprio favore.
Conservazione digitale a norma
Per affrontare il tema della conservazione digitale si deve, prima, fissare una consapevolezza preliminare: quella relativa alla differenza tra dematerializzazione e digitalizzazione. I processi di dematerializzazione si riferiscono alla semplice sostituzione dei documenti cartacei con i loro corrispettivi informatici.
La digitalizzazione, invece, si spinge oltre. Solo tramite la digitalizzazione è possibile eliminare completamente i documenti cartacei e i processi analogici, in quanto gli omologhi digitali assumono un valore giuridico e probatorio completo.
I vantaggi della digitalizzazione per il fintech e l’insurtech sono molteplici.
Innanzitutto, si risparmia denaro: sono i costi diretti e indiretti che derivano dalla carta, dagli spazi in cui archiviarla, dalle spese di spedizione, eccetera eccetera. E, quando si parla di Insurance Industry, la mole di documenti può essere (e quasi sempre è) molto importante. Naturalmente, si risparmia anche una gran quantità di tempo.
C’è poi l’aspetto dell’efficienza sul piano dei tempi di ricerca: scovare un plico in mezzo a una montagna di fogli può non essere semplice. E pensiamo a quanto può essere complicato ricercare solo alcuni determinati dati, magari molto specifici, all’interno di un singolo documento.
Con la digitalizzazione queste problematiche cessano di esistere: si possono realizzare ricerche efficaci, mirate e pressoché istantanee.
Con la conservazione digitale a norma, inoltre, si riducono drasticamente i rischi di smarrimento, di usura, di errori di compilazione.
Pensiamo poi al versante della condivisione di interi documenti, o di parti di questi: in un ambiente digitale è tutto semplice ed immediato. In analogico lo stesso processo è lento, macchinoso e pieno di rischi.
Non va poi dimenticato l’aspetto della trasparenza. E, soprattutto, la possibilità di sfruttare il proprio archivio documentale a diversi livelli, prima impensabili. Si pensi a tutto quello che si può innescare tramite delle oculate analisi dei big data, o – maggior ragione – di quelli che oggi si preferisce definire come “smart data” o “deep data”, di cui i documenti sono pieni.
Ma ancora non è tutto. Grazie alla digitalizzazione, infatti, si producono una serie di opportunità che vanno oltre i semplici adempimenti: opportunità che partono dall’archiviazione elettronica per poi impattare in maniera positiva sui processi di CRM (Customer Relationship Management) e CCM (Customer Communication Management).
Dal CRM al CCM
La traiettoria disegnata in questo articolo centrato sugli ambiti del fintech e insurtech riguarda, in particolare, le delicate fasi di on-boarding. Siamo partiti dagli strumenti di identificazione e autenticazione digitale. Dunque, ci siamo spostati sul tema dell’archiviazione digitale e della conservazione a norma.
Ci resta da delineare un ultimo step, che per molti versi è quello più decisivo.
Il frutto più importante dell’archiviazione digitale, infatti, è un sistema di CRM (Customer Relationship Management) estremamente efficiente, smart e che può essere utilizzato a un grandissimo livello di profondità.
Per dirla in un altro modo: una miniera preziosissima di dati su tutti i propri clienti. In che cosa si traduce, dunque, tutto questo? In una conoscenza senza precedenti del proprio target.
Conoscenza che, a sua volta, deve trasformarsi in una svolta nella comunicazione e nel rapporto tra compagnia assicurativa e singolo assicurato. Insomma, rivoluzionando in senso digitale i sistemi di CRM si ha un impatto estremamente positivo anche su quelli di CCM (Customer Communication Management).
E qual è la parola chiave dei CCM del futuro? Personalizzazione. A partire dall’analisi dei dati si può, dunque, costruire una comunicazione digitale one-to-one con i propri clienti.
Un vero e proprio dialogo su misura, basato sui profili di rischio individuali, certo, ma anche sulle caratteristiche, i bisogni, i desideri delle singole persone. Attenzione a questo dato! L’Insurance Industry è il terzo settore produttivo con il più alto tasso di “disdetta programmata” (il cosiddetto “planned churn”): se nel 2018 questo tasso era del 19,5%, ora siamo al 22,5%.
Insomma, tutto ruota e ruoterà sempre più intorno al tema della Customer Retention: è la prima preoccupazione e il primo obiettivo per le company del settore. Il percorso per raggiungere questo obiettivo passa, infatti, dalla capacità da parte delle company di creare un nuovo rapporto con i singoli assicurati.
Con gli strumenti offerti da aziende specializzate come Doxee si possono integrare gli strumenti di certificazione e autenticazione, con quelli relativi alla firma elettronica, fino alla conservazione digitale. Per arrivare, infine, agli strumenti di marketing e comunicazione personalizzata. Non a caso, un colosso del settore come AXA si è appoggiato ai servizi offerti da Doxee, con l’obiettivo specifico di ridurre il tasso di disdetta da parte dei clienti nel momento delicato del rinnovo della polizza!