Clic o firma elettronica? L’emergenza sanitaria e le conseguenti misure di distanziamento sociale degli ultimi mesi hanno dato un forte impulso al commercio elettronico. La vendita di prodotti e servizi online, in crescita da diversi anni, ha avuto un’impennata. Del resto, chi non si è accorto che il gelataio sotto casa riceve le richieste sul proprio sito? O che i prodotti della cooperativa agricola possono essere ordinati via mail? O che i panettoni per Natale vengono prenotati sul sito dell’azienda dolciaria? O, infine, che la società che ci fornisce il gas ormai stipula i contratti online senza pretendere che gli utenti si presentino agli sportelli? E così in molti altri casi: aziende piccole, medie e grandi hanno deciso di ricorrere all’online per la vendita dei propri prodotti e servizi.
Frequentando questi nuovi siti e quelli di più consolidata esperienza, qualcuno si è forse chiesto come mai in certi casi per effettuare l’ordine si fa un semplice clic (basta un clic! dice la pubblicità), in qualche altro caso ne sono necessari due, talvolta è richiesta la conferma via mail, talaltra si parla di firma elettronica o è pretesa (raramente, per la verità) la firma digitale. Sicuramente la domanda se la pone chi realizza un sito di commercio elettronico e si trova nella necessità di impostare le modalità con cui stipulare il contratto online che disciplina la vendita del prodotto o del servizio. Vogliamo, quindi, fare un po’ di chiarezza sul tema.
Dal ratafià al clic
Non è necessario essere troppo vecchi per ricordare quando alle fiere del bestiame la vendita si concludeva con una stretta di mano (in certi casi con dei rituali molto caratteristici) o quando nei mercati agricoli la trattativa commerciale terminava bevendo un liquore (il ratafià, dal latino rata fiat, l’accordo è stato fatto).
Il ricorso a modalità più o meno pittoresche di concludere un contratto era ed è possibile perché nel nostro ordinamento, così come in molti altri, la forma dei contratti è libera.
Solo in determinati casi è necessario che il contratto sia fatto per iscritto, pena la sua validità o la sua efficacia probatoria. I casi per i quali è richiesta la forma scritta sono indicati all’articolo 1350 del Codice civile (che elenca , ad esempio, tutti i contratti che riguardano gli immobili) e in alcune leggi speciali come il testo unico in materia bancaria e creditizia che prevede che i contratti bancari siano redatti per iscritto (resta salvo il d.l. 23/20 che prevede che durante il periodo di emergenza sanitaria i contratti bancari si concludano anche con un consenso inviato via mail allegando il documento di identità). Sempre il Codice civile stabilisce all’articolo 1888 che i contratti assicurativi debbano essere provati per iscritto.
Fuori da questi casi, è sufficiente che risulti la volontà di entrambe le parti di stipulare il contratto, cioè di assumere degli obblighi reciproci. Non vi sono vincoli rispetto alla modalità con cui tale volontà debba essere espressa. Ecco perché è sufficiente anche un clic.
Il clic di adesione
Generalmente il sito presenta un’offerta al pubblico, cioè una proposta contrattuale che è diretta a tutti coloro che possono essere interessati (art. 1336 del Codice civile). Perché il contratto si concluda è necessaria l’accettazione da parte del cliente che è espressa selezionando una casella predisposta allo scopo. Tramite il clic, quindi, chi ha fatto la proposta viene a conoscenza dell’accettazione dell’altra parte e ne tiene memoria.
In alcuni casi, le parti si invertono: è il cliente che con il proprio clic presenta la proposta di acquistare i beni o servizi, che il venditore espone nel suo sito, ed è quest’ultimo ad accettare. L’accettazione avviene in genere mediante una mail all’indirizzo fornito dal cliente o attraverso un sms. Questa soluzione è adottata nei casi in cui il venditore preferisce riservarsi l’ultima parola, ad esempio perché non è certo della disponibilità dei prodotti e non vuole impegnarsi prima della verifica, oppure intende valutare l’affidabilità del cliente, soprattutto nei casi in cui i pagamenti siano dilazionati nel tempo etc.
I dati dei contraenti e le informazioni sul contratto
Ad eccezione di qualche caso particolare, ad esempio per i contratti relativi a servizi di comunicazione elettronica, non vi sono obblighi di identificazione del cliente. La necessità o meno di disporre dei dati del contraente dipende dal contesto. Se il contratto si conclude con il pagamento online della prestazione o se l’onere di ottemperare è subordinato a tale pagamento, potrebbe non esserci alcuna esigenza di sapere con certezza chi sia il cliente.
Diversamente, quest’ultimo, deve essere in grado di sapere chi sia il suo fornitore, cioè colui da cui può pretendere la prestazione. A questo proposito, il d.lgs. 70/03 che recepisce la direttiva europea sul commercio elettronico e il d.lgs 206/05 con il Codice del consumo, prevedono che siano fornite diverse informazioni atte a identificare il prestatore.
Queste due disposizioni, la prima di ordine generale e la seconda specifica per i contratti con i consumatori, stabiliscono degli obblighi volti a garantire la piena trasparenza e conoscibilità sia del processo che porta alla conclusione del contratto, sia del contratto stesso e delle modalità per disporne anche successivamente alla stipula. Prevedono, inoltre, che all’ordine segua un riscontro contenente un riepilogo delle condizioni di contratto, delle informazioni relative alle caratteristiche essenziali del bene o del servizio e l’indicazione dettagliata del prezzo, dei mezzi di pagamento, del recesso, dei costi di consegna e dei tributi applicabili.
Agli obblighi di trasparenza, che con minore o maggiore dettaglio sono presenti in entrambe le norme, nel Codice del consumo si aggiungono , a favore del consumatore, le disposizioni relative al diritto di recedere dal contratto entro 14 giorni.
Il doppio clic
Generalmente i contratti online si stipulano mediante adesione alle condizioni di contratto fissate dal venditore. In questo caso l’articolo 1341 del Codice civile stabilisce che se le condizioni contengono clausole vessatorie è necessario che esse siano espressamente approvate per iscritto. Ad esempio, se il contratto prevede limitazioni della responsabilità o il rinnovo tacito alla scadenza o deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria, non sarà sufficiente che il cliente abbia aderito al contratto che contiene le clausole ma sarà necessario che queste clausole siano specificatamente approvate.
Ecco perché due clic: uno per l’adesione al contratto e l’altro per l’approvazione per iscritto delle clausole vessatorie.
Ma il clic è un modo adeguato per sostituire l’approvazione che, dovendo essere fatta per iscritto, parrebbe avere un vincolo di forma? In merito la giurisprudenza non è univoca: a interpretazioni più restrittive che ritengono che il cosiddetto “point & click” non risponda alla prescrizione del Codice civile (vedi sentenza del Tribunale Catanzaro del 30 aprile 2012) si affiancano letture che ne riconoscono la validità (vedi sentenza del Tribunale di Napoli del 13 marzo 2018). La tendenza più recente va nel senso di un’apertura a tali modalità di adesione, in linea con una sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea che ha riconosciuto valida la sottoscrizione mediante clic a condizione che le clausole approvate siano registrate durevolmente (Corte di Giustizia UE del 21 maggio 2015 nella causa C-322/14).
Le varie opzioni di firma elettronica
In alcuni casi, come si diceva sopraa, l’adesione mediante clic non è la soluzione corretta per stipulare il contratto perché per esso è richiesta la forma scritta. In altri casi potrebbe essere lo stesso fornitore che preferisce ricorrere a tale forma, anche soltanto per continuità con la modalità adottata prima del passaggio all’online.
Il d.lgs. 82/05 stabilisce che il documento informatico soddisfa il requisito della forma scritta quando vi è apposta una firma digitale, un altro tipo di firma elettronica qualificata o una firma elettronica avanzata o, comunque, è formato, previa identificazione informatica del suo autore, attraverso un processo avente i requisiti fissati dall’AgID. Aggiunge, però, che per i contratti per i quali la forma scritta è stabilita dall’articolo 1350 del codice civile (per la verità quelli indicati dal numero 1 al 12, e quindi eccetto il 13) è possibile ricorrere solo alla firma elettronica qualificata o digitale.
In conseguenza di ciò, il contratto si considera stipulato per iscritto se firmato:
- con firma digitale. Considerando che non sono presenti ad oggi altri tipi di firma elettronica qualificata, questa è l’unica modalità per sostituire la firma autografa ai contratti elencati dall’articolo 1350 (da 1 a 12);
- con firma elettronica avanzata;
- tramite lo Spid, il Sistema pubblico di identificazione digitale, che a seguito di recenti Linee guida di AgID, è utilizzabile anche come strumento di firma.
Non è escluso che la forma scritta possa essere riconosciuta anche in contesti diversi. La legge dice, infatti, che negli altri casi, l’idoneità del documento informatico a soddisfare il requisito della forma scritta e il suo valore probatorio sono liberamente valutabili in giudizio, in relazione alle caratteristiche di sicurezza, integrità e immodificabilità.
La firma digitale, che è un particolare tipo di firma qualificata emessa da un certificatore autorizzato, non è, come noto, molto diffusa tra i consumatori. È utilizzata per la sottoscrizione dei contratti con la pubblica amministrazione, che richiedono la forma scritta (ad esempio nei contratti di appalto), e anche tra privati (imprese e professionisti), quando, a conclusione della trattativa commerciale, si vuole evitare lo scambio delle copie cartacee sottoscritte. Decisamente raro che vi si ricorra per l’accettazione di un’offerta al pubblico su un sito anche se, considerando che la firma digitale consente l’identificazione certa del titolare, non si può escludere che possa essere usata in quei contesti dove la prestazione è riservata a determinati soggetti. Comunque, sempre nei casi in cui il fornitore è disposto a scontare la scarsa diffusione di questo strumento a fronte delle certezze derivanti dal suo uso.
Analoghe considerazioni potrebbero essere fatte per lo Spid, senonché l’obbligo del suo utilizzo da parte del cittadino in diversi procedimenti della pubblica amministrazione fa propendere per una sua futura maggiore capillarità anche tra i consumatori, consentendo di prospettarne un utilizzo diffuso.
Venendo alla firma elettronica avanzata è necessario precisare che essa non corrisponde ad una specifica soluzione tecnologica ma a più soluzioni, non soggette ad alcuna autorizzazione preventiva, rispondenti a determinati requisiti. Questi requisiti sono fissati ad oggi da un DPCM del 2013 (in attesa delle Linee guida diAgID) e dal Regolmento eIDAS. Sorvolando su alcune incongruenze tra il DPCM e il Regolamento, che si auspica verranno risolte con l’emanazione delle Linee guida di AgID, i requisiti previsti per la firma elettronica avanzata sono i seguenti:
- è connessa unicamente al firmatario;
- è idonea a identificare il firmatario;
- è creata mediante dati per la creazione di una firma elettronica che il firmatariopuò̀, con un elevato livello di sicurezza, utilizzare sotto il proprio esclusivo controllo;
- è collegata ai dati sottoscritti in modo da consentire l’identificazione di ogni successiva modifica di tali dati.
Se la soluzione risponde a questi requisiti può considerarsi firma elettronica avanzata e quindi sostituire la firma autografa al contratto (ovviamente ad eccezione dei casi in cui sia necessaria, come detto sopra, la firma digitale).
Questi requisiti debbono essere rispettati sia da chi intenda realizzare un proprio sistema di firma elettronica avanzata da utilizzare nei rapporti con i propri contraenti, sia da chi propone tale sistema a terzi perché sia utilizzato in tali rapporti. Considerando che il caso più frequente è il secondo, nell’ipotesi ci si rivolga ad un terzo per una soluzione di firma elettronica avanzata, è necessario verificare se e come la soluzione proposta risponda ai requisiti suddetti.
Oggi alla firma elettronica avanzata nelle sue varie soluzioni si fa ricorso in diversi contesti. È ’ utilizzata, ad esempio, nel settore delle utilities (energia, gas etc.) evitando in questo modo al cittadino di recarsi presso gli sportelli per firmare i contratti; è usata in ambito bancario o assicurativo per la sottoscrizione dei documenti contrattuali oltre che per ordini e mandati; vi ricorrono le agenzie del lavoro per la sottoscrizione dei contratti con i lavoratori che li possono firmare direttamente da casa etc. La varietà delle soluzioni si presta ai diversi impieghi.
Conclusioni
A chi si affaccia al mondo del commercio elettronico, si prospettano, quindi, diverse modalità per concludere i contratti. Dal semplice clic all’uso della firma digitale le soluzioni presenti sul mercato e riconosciute dall’ordinamento giuridico sono diverse.
La scelta della modalità più adeguata non può non tenere conto degli obblighi di legge e dell’eventuale necessità di far valere in giudizio il contratto.
D’altro canto, anche il contesto ha il suo rilievo: tecniche complesse potrebbero appesantire il processo di acquisto, inducendo il cliente potenziale ad abbandonarlo. Lo stesso si avrebbe se la sottoscrizione del contratto richiedesse strumenti di firma scarsamente diffusi la cui mancanza potrebbe ridurre tout court il mercato di riferimento.
Per questo, le varie esigenze vanno ben calibrate, anche considerando che, se può essere utile mantenere una certa continuità rispetto alle modalità tradizionali di conclusione dei contratti, talvolta può essere opportuno discostarsi da esse vagliando le possibilità che l’ordinamento giuridico e le soluzioni informatiche offrono.